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Librerie di area occidentale

Fa parte di Librerie/Librerie di area occidentale

Marta Maria Perilli - Pubblicato online il 28/09/2023 - DOI: 10.35948/DILEF/Dalib/38

Descrizione

A Roma le prime attestazioni relative all’esistenza di librerie e quindi di un commercio librario si hanno a partire dall’età di Cicerone (Cic. Phil. 2, 21; Cic. ad Q. fr. 3, 4, 5; Cic. ad Q. fr. 3, 5, 6; Catull. 14, 12-20; Catull. 55, 3-5[1]; inoltre, Strab. 13, 1, 54 (c 609), sui librai che a metà del I sec. a.C. copiarono delle opere di Aristotele presenti nella Biblioteca di Silla; vd. BIBSILL-LET). Diventano più consistenti dall’età augustea in poi e sono particolarmente cospicue per l’età flavia e traianea.

Le botteghe librarie – indicate con il generico termine taberna o (taberna) libraria – erano concentrate in una zona circoscritta del centro di Roma, attorno al foro romano: presso il vicus Tuscus – attestate in età augustea – (Hor. epist. 1, 20, 1-2)[2], l’Argiletum – attestate in età augustea, flavia e traianea – (Hor. epist. 1, 20, 1-2; Mart. 1, 2; Mart. 1, 3, 1-2; Mart. 1, 117, 9-18)[3] e il vicus Sandaliarius[4] – attestate dall’età adrianea in poi – (Gell. 18, 4, 1; Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti); vd. LIBOCC-AR). Alcune librerie che vendevano libri di pregio si trovavano anche nel quartiere dei Sigillaria (Gell. 2, 3, 5; Gell. 5, 4, 1-2), luogo di incerta localizzazione, dove è attestata la presenza di negozi di merci raffinate[5]. In queste zone sembra che più librerie si trovassero in prossimità l’una dell’altra: lo si evince dall’indicazione di una pluralità di tabernae presso l’Argiletum in Marziale (Mart. 1, 3, 1-2), di librarii presso il vicus Sandaliarius in Gellio (Gell. 18, 4, 1) e, più esplicitamente, da Galeno, che nella seconda metà del II sec. parla del vicus Sandaliarius come del luogo con la più alta concentrazione di librerie a Roma (Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti)).

Di tre tabernae librariae abbiamo la collocazione e il nome del libraio, ovvero della libreria dei Sosii presso il vicus Tuscus o l’Argiletum, di quella di Secondo e di quella di Atrecto presso l’Argiletum[6]. Delle altre conosciamo solo l’area in cui si trovavano oppure solo il nome del libraio: Doro, che aveva in vendita opere di Cicerone e Livio (Sen. benef. 7, 6, 1); Quinto Pollio Valeriano (Mart. 1, 113); Trifone (Mart. 4, 72; Mart. 13, 3, 1-4; Quint. praef. 1-3); Sesto Peduceo Dionisio (CIL 6.9218)[7].

Per quanto le principali informazioni sulle librerie nel mondo romano siano relative a Roma, abbiamo anche notizie circa l’esistenza di un commercio librario al di fuori della capitale. L’attestazione diretta più sicura è relativa a una libreria a Lione, dove venivano vendute le opere di Plinio il Giovane (Plin. epist. 9, 11, 2)[8]. Gellio, inoltre, racconta di aver trovato in vendita a poco prezzo presso il porto di Brindisi pacchi di libri di mirabilia, probabilmente proprio in una libreria più o meno organizzata (Gell. 9, 4, 1-5)[9].

Le tabernae librariae

Le tabernae librariae erano locali coperti, dotati – almeno da un certo momento in poi – anche di posti a sedere e sufficientemente spaziosi da accogliere all’interno più di una persona alla volta (Gell. 5, 4, 1-2; Gell. 13, 31, 1-6; Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti)). Potevano essere luoghi di ritrovo, dove conversare con le persone che si incontravano all’interno o nei pressi (Catull. 55, 3-5; Gell. 13, 31, 1-6; Gell. 18, 4, 1; Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti); inoltre, Galen. 14, 620, 1 Kühn). All’esterno, attorno alla porta di ingresso della bottega si potevano trovare appesi dei “cartelli pubblicitari” con l’elenco dei nomi dei poeti e delle opere in vendita all’interno (Mart. 1, 117, 9-18). Sempre a scopo promozionale, i libri più richiesti venivano messi in mostra davanti alla taberna presso le colonne esterne (Hor. sat. 1, 4, 71-72, con Porph. ad Hor. sat. 1, 4, 71; Hor. ars 372-373)[10], dove forse potevano essere liberamente sfogliati (Hor. sat. 1, 4, 71-72). All’interno, i libri erano riposti nelle scaffalature, divise in scomparti, chiamati da Marziale nidi (Mart. 1, 117, 9-18; vd. BIBGMART-LET: "Biblioteca della villa sul Ianiculum") [11] oppure in casse di legno, dette scrinia o capsae (Catull. 14, 12-20; Hor. sat. 1, 4, 21-23; Stat. silv. 4, 9, 10 e 20-23)[12]. Alcuni libri sembra che fossero in esposizione e potessero essere consultati dagli acquirenti (Gell. 5, 4, 1-2). Verosimilmente, nelle loro botteghe i librai non avevano una singola copia di ciascun testo da cui realizzare libri su commissione, bensì anche un piccolo numero di copie che i clienti potevano acquistare sul momento: lo suggeriscono i riferimenti di Catullo e Marziale alla vendita “immediata” dei libri da parte dei librai, che fanno supporre la disponibilità di testi pronti per l’acquisto (Catull. 14, 12-20; Mart. 1, 117, 9-18).

I librai e la circolazione dei testi

La figura del libraio (bibliopola o librarius) poteva assommare in sé il ruolo di rivenditore e quello di editore. I due ruoli non sono facilmente scindibili: i librai potevano provvedere non solo alla vendita (e.g. Plin. epist. 1, 2, 5-6)[13], ma anche alla realizzazione delle copie del testo da mettere in commercio, come per esempio facevano i Sosii (Hor. epist. 1, 20, 1-2; P.Mil.Vogl. I 19)[14], Quinto Pollio Valeriano, rivenditore e probabilmente anche editore di una raccolta di opere giovanili di Marziale (Mart. 1, 113), Trifone, editore e rivenditore di Marziale, in particolare degli Xenia (Mart. 4, 72; Mart. 13, 3, 1-4), e di Quintiliano (Quint. praef. 1-3, con la raccomandazione alla curatela del libro)[15], e Sesto Peduceo Dionisio, la cui attività di libraio è attestata da un epitaffio di età adrianea ritrovato lungo la via Tiburtina (CIL 6.9218). Secondo un’ipotesi di G. Cavallo[16], alle copie non solo vendute, ma anche edite da Sesto Peduceo Dioniso farebbe riferimento Galeno in Indol. 13, dove parla di esemplari conservati nelle biblioteche sul Palatino e andati perduti nell’incendio del 192 d.C. (Galen. Indol. 13 Boudon-Millot – Jouanna, con qualche modifica)[17]. Frequentemente viene constatata e lamentata la commercializzazione di copie di cattiva qualità e l’inattendibilità dei copisti (Cic. ad Q. fr. 3, 5, 6; Strab. 13, 1, 54 (c 609)[18]; Mart. 2, 8, 1-4; Plin. epist. 4, 26, 1). Emerge, infatti, la preoccupazione degli autori di affidarsi a librai/editori che producessero copie corrette (Quint. praef. 1-3) ed è attestato il ricorso da parte degli acquirenti a grammatici che valutassero la qualità dell’opera in vendita prima di procedere all’acquisto (Gell. 5, 4, 1-2)[19]. Al contrario, le copie scritte o rivedute direttamente dall’autore erano considerate di grande pregio (e.g. Mart. 9, 99, 7-10; Plin. epist. 4, 26, 1 )[20].

Nel mondo romano l’operato dei librai procedeva in parallelo ai canali di circolazione privata dei testi. Il libraio poteva entrare in possesso delle opere da mettere in commercio in vari modi: il testo poteva essere portato al libraio dall’autore stesso (Hor. sat. 1, 4, 21-23; vd. anche gli appelli di Orazio e Marziale al libro che vuole “andare” in vendita presso le tabernae librariae: Hor. epist. 1, 20, 1-2; Mart. 1, 3, 1-2), il libraio poteva acquistarlo (Sen. benef. 7, 6, 1) oppure poteva realizzarne una copia da commercializzare dopo aver avuto accesso ai testi di una collezione privata (Strab. 13, 1, 54 (c 609))[21]. Anche se non si può escludere che in certi casi all’autore fosse pagata una somma per l’esemplare depositato presso la libreria, da cui venivano realizzate le copie da mettere in vendita, il libraio acquisiva di fatto la proprietà commerciale dell’opera (Sen. benef. 7, 6, 1) e a lui andavano tutti i ricavati delle vendite (Mart. 13, 3, 1-4; vd. il confronto tra la fama del poeta e il guadagno del libraio in Hor. ars 345-346)[22]. Dato che i riferimenti ai prezzi dei libri sono pochi e molto variabili (Mart. 1, 117, 9-18; Mart. 4, 72; Mart. 13, 3, 1-4; Stat. silv. 4, 9, 10 e 20-23; Gell. 2, 3, 5; Gell. 9, 4, 1-5), è difficile stimare il loro valore di mercato[23]. La diffusione dell’opera a livello commerciale era di fatto completamente nelle mani del libraio/editore, senza essere sottoposta ad alcun controllo da parte dell’autore (Plin. epist. 1, 2, 5-6; Plin. epist. 9, 11, 2)[24]: una volta che un testo era pubblicato, diventava di proprietà “pubblica”. D’altra parte, dalla pubblicazione e commercializzazione delle opere l’autore ricavava accreditamento presso possibili mecenati e notorietà. Pur in assenza di una qualsivoglia tutela legale, questa notorietà gli consentiva di rivendicare l’autorialità di un’opera davanti al pubblico dei lettori. Rispetto alla prima fase di diffusione all’interno della cerchia degli amici e tramite le letture private o pubbliche, l’edizione e la messa in commercio di un testo rendeva infatti più facile individuarne e contestarne eventuali plagi (Mart. 1, 29; Mart. 1, 66; Mart. 2, 20; Plin. epist. 2, 10, 1-3)[25].

Commercio librario e Saturnali

Come ha mostrato M. Citroni[26], il commercio librario era particolarmente fervido nel periodo dei Saturnali, festività che si tenevano a dicembre e in cui i Romani si scambiavano doni di vario genere, compresi i libri. Una tra le prassi più comuni per procurarsi i libri da offrire in dono per i Saturnali era acquistarli presso le librerie[27]. Lo attesta già Catullo che, nell’ambito di uno scambio di doni saturnalici, si ripromette di andare nelle librerie per cercare opere di pessimi poeti del momento con cui ripagare l’amico Calvo del brutto libro che gli ha regalato (Catull. 14, 12-20). Resta implicito il riferimento ai librai nei Tristia di Ovidio, dove vengono elencati vari trattatelli semiseri sui passatempi tipici dei Saturnali, che proprio per quell’occasione venivano composti e fruiti (Ov. trist. 2, 471-492). È verosimile, dunque, supporre che a dicembre questa letteratura di consumo fosse diffusa sul mercato librario. La testimonianza più rilevante sul commercio di libri per i Saturnali è quella di Marziale. Gli Xenia e Apophoreta sono raccolte di bigliettini poetici pensati come accompagnamento ai doni dei Saturnali[28]. Entrambe le raccolte dovevano essere reperibili nelle librerie: Marziale lo dice esplicitamente degli Xenia, in vendita presso il libraio Trifone (Mart. 13, 3, 1-4), e la stessa disponibilità nelle librerie dovrà essere supposta per gli Apophoreta. Una serie di Apophoreta, inoltre, era destinata all’accompagnamento di libri da donare per i Saturnali: la Batracomiomachia (Mart. 14, 183); l’Iliade e l’Odissea (Mart. 14, 184); il Culex (Mart. 14, 185); Virgilio (Mart. 14, 186); la Taide di Menandro (Mart. 14, 187); Cicerone (Mart. 14, 188); Properzio (Mart. 14, 189); Livio (Mart. 14, 190); Sallustio (Mart. 14, 191); le Metamorfosi di Ovidio (Mart. 14, 192); Tibullo (Mart. 14, 193); Lucano (Mart. 14, 194); Catullo (Mart. 14, 195); Calvo (Mart. 14, 196). Per quanto la menzione della vendita da parte di un libraio sia esplicita solo per Lucano (Mart. 14, 194), è ragionevole pensare che sul mercato si potessero trovare anche tutte le altre opere elencate. A sostegno di ciò, M. Citroni adduce anche il fatto che solo in libreria dovevano essere disponibili quella serie di libri che Marziale descrive nel formato nuovo e inusuale del codice: Omero, Virgilio, Cicerone, Livio e le Metamorfosi di Ovidio (Mart. 14, 184; Mart. 14, 186; Mart. 14, 188; Mart. 14, 190; Mart. 14, 192)[29]. Sempre nel contesto giocoso di uno scambio di doni per i Saturnali, infine, Stazio si lamenta di aver ricevuto in dono un’opera di Bruto in pessime condizioni, acquistata da un libraio di bassa lega (Stat. silv. 4, praef. 23-26; Stat. silv. 4, 9, 10 e 20-23).

Tipologie di opere in commercio

Come emerge già dalla rassegna dei libri in circolazione per i Saturnali, nelle tabernae librariae le opere in vendita erano di vario tipo, sia per quanto riguarda il genere letterario, sia per quel che concerne la qualità e il formato. A Roma erano in commercio testi latini e greci (per questi ultimi: Strab. 13, 1, 54 (c 609), su cui vd. BIBSILL-LET; Mart. 14, 183; Mart. 14, 184; Mart. 14, 187; Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti))[30]. Assieme ai “classici” della poesia[31], venivano vendute le nuove uscite dei poeti del momento (Catull. 14, 12-20; Hor. sat. 1, 4, 21-23[32]; Hor. epist. 1, 20, 1-2; Mart. 1, 2; Mart. 1, 3, 1-2; Mart. 1, 113; Mart. 1, 117, 9-18; Mart. 4, 72; Mart. 13, 3, 1-4). Oltre alla poesia, erano disponibili orazioni e testi di oratoria (Quint. praef. 1-3; Plin. epist. 1, 2, 5-6; Plin. epist. 4, 26, 1; Plin. epist. 9, 11, 2; Stat. silv. 4, 9, 10 e 20-23; Sen. benef. 7, 6, 1), opere storiografiche (Sallustio: Mart. 14, 191; Livio: Mart. 14, 190; Sen. benef. 7, 6, 1; Fabio Pittore: Gell. 5, 4, 1-2), testi di medicina (Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti)), opere filosofiche (Strab. 13, 1, 54 (c 609)), raccolte di mirabilia (Gell. 9, 4, 1-5) o le varie opere di intrattenimento per i Saturnali (Ov. trist. 2, 471-492)[33].

Erano vendute copie di lusso (Mart. 1, 117, 9-18), ma anche libri di pessima qualità e in cattivo stato (Stat. silv. 4, 9, 10 e 20-23; Gell. 9, 4, 1-5). Sul mercato, inoltre, era possibile trovare edizioni antiquarie o presunte tali, spesso opera di falsari che i librai rivendevano a prezzi maggiorati per il loro supposto valore: Gellio parla di una copia del II libro dell’Eneide che sarebbe appartenuta a Virgilio stesso (Gell. 2, 3, 5), di un’edizione antica degli Annali di Fabio Pittore (Gell. 5, 4, 1-2) e di un’edizione di Ennio emendata da Lampadione (Gell. 18, 5, 11). Galeno, inoltre, attesta la circolazione sul mercato di un’opera a lui falsamente attribuita (Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti))[34]. Al tempo della pubblicazione degli Apophoreta e del I libro degli Epigrammi di Marziale, ossia almeno dall’85 d.C. (data di pubblicazione degli Apophoreta), presso alcune tabernae era anche possibile acquistare, oltre ai libri in formato di rotolo, dei codici di pergamena in formato “tascabile”, adatti a essere portati in viaggio (Mart. 1, 2; Mart. 14, 184; Mart. 14, 186; Mart. 14, 188; Mart. 14, 190; Mart. 14, 192)[35], la prima testimonianza della nuova forma del codice[36].


Libreria dei Sosii presso il vicus Tuscus o l’Argiletum

I Sosii erano librai/editori, menzionati due volte da Orazio (Hor. epist. 1, 20, 1-2; Hor. ars 345-346), che gli scolii descrivono come due fratelli e bibliopolae molto rinomati a Roma (Porph. ad Hor. epist. 1, 20, 2; inoltre, Ps. Acr. ad Hor. epist. 1, 20, 2)[37].

Nell’Ars poetica sono nominati nell’ambito del confronto tra il guadagno monetario di chi vende i libri e il guadagno della sola fama di chi li scrive: i ricavati delle vendite di un’opera andavano ai librai e non all’autore (Hor. ars 345-346)[38]. Nell’incipit dell’ultimo componimento del I libro delle Epistole (Hor. epist. 1, 20, 1-2), invece, Orazio si rivolge al libro personificato e lo descrive intento a guardare Vertumno e Giano. Dalla direzione dello sguardo del liber, il poeta ne desume il desiderio di recarsi dai Sosii per essere polito con la pomice: il libro vuole essere pubblicato e messo in commercio. L’indicazione dell’opera di politura del papiro implica che i Sosii si occupavano non solo della vendita, ma anche dell’edizione dei testi. Lo confermerebbe il titolo finale conservato in P.Mil.Vogl. I 19, che, oltre a registrare la fine di un’opera grammaticale (ζητήματα) del grammatico Apollodoro di Atene sul XIV libro dell’Iliade, riporta anche il nome Σωσύου, «di Sosio», che è stato verosimilmente connesso con la bottega dei Sosii a Roma[39]. Di recente, il papiro è stato preso nuovamente in esame da G. Cavallo, il quale ne ha anticipato la datazione – prima fissata da A. Vogliano nel II sec. d.C. – all’età giulio-claudia e lo considera «un originale uscito direttamente dalla taberna libraria dei Sosii»[40]. Tra i prodotti dei Sosii è quindi possibile annoverare sia le Epistole di Orazio che un’opera esegetica di Apollodoro di Atene al XIV libro dell’Iliade. Di conseguenza, i Sosii dovevano occuparsi dell’edizione e della vendita di testi sia greci che latini.

In Orazio (Hor. epist. 1, 20, 1-2), il riferimento incipitario a Vertumno e Giano è evidentemente un’indicazione topografica dell’area in cui si trovava la libreria dei Sosii[41]. La statua del dio Vertumno era situata all’inizio del vicus Tuscus, area di commerci, dietro il tempio dei Castori, nell’angolo sud-est della Basilica Giulia[42]. Risulta più discusso il riferimento a Giano. Potrebbe indicare uno dei tre archi di Giano (Ianus imus, medius, summus), a cui andrebbero associate altrettante statue del dio, che erano collocati in stretta relazione con la Basilica Emilia[43], oppure potrebbe indicare il tempio di Ianus Geminus, di dibattuta localizzazione, ma che probabilmente si trovava nella zona settentrionale del foro, tra la Curia e la Basilica Emilia, nella parte finale dell’Argiletum[44]. Per quanto sia controversa l’ubicazione dei due i monumenti (Ianus imus, medius, summus e Ianus Geminus), in entrambi i casi si tratta di luoghi collocati in prossimità o in associazione alla Basilica Emilia, situata vicino all’Argiletum e sul lato opposto del foro romano rispetto al vicus Tuscus, dove si trovava invece la statua di Vertumno (vd. LIBOCC-AR).

Il passo di Orazio doveva risultare un’indicazione specifica per il lettore romano sul luogo in cui si trovava la libreria dei Sosii: lo fa pensare, d’altra parte, la formulazione stessa dei versi. Sulla base delle nostre conoscenze, però, il riferimento a Vertumno e a Giano rende difficile individuare un singolo luogo dove collocare la bottega dei Sosii: Vertumno indirizza verso la Basilica Giulia e il vicus Tuscus, Giano verso la Basilica Emilia e l’Argiletum. Dato che i monumenti con cui possono essere identificati sono comunque in aree di negozi e botteghe o nelle loro vicinanze, ossia il vicus Tuscus e l’Argiletum, non si può escludere che si tratti di indicazioni più generiche delle aree di commercio librario in cui doveva trovarsi la libreria dei Sosii.


Libreria di Secondo presso l’Argiletum

Come attesta Marziale (Mart. 1, 2), il liberto Secondo era il libraio di una taberna collocata dopo il tempio della Pace e il foro di Nerva[45], quindi verosimilmente all’inizio dell’Argiletum[46] (vd. LIBOCC-AR). Considerato che è menzionata nel I libro degli Epigrammi (pubblicato nell’86), ma in un epigramma che molto probabilmente appartiene a un’edizione di esso posteriore di alcuni anni[47], la taberna di Secondo risultava attiva tra fine anni 80 e primi anni 90 del I sec. d.C. Presso questa libreria era in vendita un’edizione in formato di codice di piccole dimensioni che conteneva una raccolta degli Epigrammi di Marziale, probabilmente più ampia del solo I libro[48].


Libreria di Atrecto presso l’Argiletum

Secondo quanto testimoniato da Marziale (Mart. 1, 117, 9-18), il libraio Atrecto era il rivenditore/editore del I libro degli Epigrammi[49]: era attivo, dunque, sicuramente nell’86 d.C., data di pubblicazione del libro. La sua taberna si trovava a Roma presso l’Argiletum, come quella del libraio Secondo (vd. LIBOCC-AR)[50], e aveva esposti ai lati della porta di ingresso dei “cartelli pubblicitari” con i nomi degli autori di cui vendeva le opere. Nelle scaffalature della libreria[51], i libri di Marziale si trovavano nel primo o secondo ripiano, quindi a portata di mano, a dimostrazione della popolarità del poeta. Vi si poteva trovare, in vendita per cinque denarii, una copia di fattura pregiata degli Epigrammi di Marziale, polita con la pomice e con una custodia di porpora. Sulla base dei vv. 13-17 in Mart. 1, 117, 9-18, presso la libreria di Atrecto era possibile acquistare libri sul momento, una delle testimonianze a favore del fatto che le librerie avevano a disposizione più copie di una stessa opera[52].


Libreria a Lione

Plinio il Giovane è il primo ad attestare esplicitamente l’esistenza di librerie nelle province occidentali dell’Impero romano (Plin. epist. 9, 11, 2). All’inizio del II sec. d.C., Plinio, infatti, riporta che alcuni librai avevano in vendita le sue orazioni presso Lione, dove riscuotevano tanto successo quanto a Roma. Dall’epistola 9, 11 emerge che Plinio venne a conoscenza della commercializzazione delle sue opere a Lione per via indiretta; questo dimostra che, dopo la pubblicazione, la circolazione dei libri nei canali commerciali avveniva in modo sostanzialmente indipendente dal controllo dell’autore ed era quasi del tutto nelle mani dei librai.

Plinio non fornisce indicazioni topografiche che permettano un’esatta collocazione della libreria a Lione. Si può supporre che la sua ubicazione fosse nei pressi del Parco Archeologico di Fourvière, che comprende i più importanti resti della Lione romana, come il teatro, il tempio di Cibele e le terme, e anche zone di abitato, botteghe artigiane e negozi, tra i quali non si può escludere fossero presenti delle tabernae librariae.


Libreria a Brindisi

Gellio (Gell. 9, 4, 1-5) riporta di aver trovato pacchi di vecchi e malridotti libri greci di mirabilia in vendita a prezzo stracciato presso il porto di Brindisi[53]. Dalla sua testimonianza, sembra di poter evincere che i libri fossero venduti presso una bancarella o comunque un punto di commercio meno strutturato di una taberna libraria. Data la sua collocazione nella zona del porto, è ipotizzabile, inoltre, che Brindisi fosse un luogo di importazione di libri dalla Grecia verso Roma.

Considerato che i resti archeologici testimoniano la presenza di strutture di abitato affacciate sulle fortificazioni del porto (area dell’attuale chiesa di San Paolo), è plausibile che questa fosse l’area dove si potevano trovare botteghe o punti di commercio librario, come attestato da Gellio.


Bibliografia di riferimento: Zetzel 1973; Citroni 1975, pp. 17-18; 21; 96-98; 344-346; Kenney 1982, pp. 19-22; Phillips 1985; Starr 1987, spec. pp. 219-223; Fedeli 1989; Citroni 1995, spec. pp. 12-22; Cavallo 2006; Iddeng 2006; Blanck 2008, 165-177; White 2009; Palombi 2014, pp. 112-113; Cavallo 2013; Citroni 2015; Starr 2017.

  1. In Catull. 55, 4 libellis è sineddoche per tabernis librariis.

  2. LTUR 5, pp. 195-197, s.v. vicus Tuscus (E. Papi). Vd. infra: Libreria dei Sosii presso il vicus Tuscus o l’Argiletum.

  3. LTUR 1, pp. 125-126, s.v. Argiletum (E. Tortorici). Vd. infra: Libreria di Secondo presso l’Argiletum; Libreria di Atrecto presso l’Argiletum.

  4. LTUR 5, p. 189, s.v. vicus Sandaliarius (F. Coarelli).

  5. LTUR 4, p. 310, s.v. Sigillaria (D. Palombi).

  6. Vd. infra: Libreria dei Sosii presso il vicus Tuscus o l’Argiletum; Libreria di Secondo presso l’Argiletum; Libreria di Atrecto presso l’Argiletum.

  7. Su Quinto Pollio Valeriano, Trifone e Sesto Peduceo Dioniso cf. infra.

  8. Vd. infra: Libreria a Lione.

  9. Vd. infra: Libreria a Brindisi.

  10. Così interpreta Hor. sat. 1, 4, 71-72 anche Rudd 1989, p. 210, il quale però ritiene che le columnae menzionate in Hor. ars 372-373 siano piuttosto un riferimento ai cartelli pubblicitari affissi agli ingressi delle librerie, attestati da Mart. 1, 117, 9-18.

  11. Su nidus cf. Citroni 1975, p. 358: il termine è usato in questo senso solo in Marziale, ma sembra indicare gli scomparti in cui erano divise le scaffalature delle librerie e delle biblioteche (su cui vd. Houston 2014, pp. 183-188, con bibliografia).

  12. EO 2, p. 187, s.v. “libro” (M. Maniaci). Su questo tipo di contenitori per i rotoli di papiro cf. Houston 2014, pp. 181-183; vd. BIBPLIN-LET: La villa Laurentina, la "biblioteca" e i suoi libri". 

  13. Sherwin-White 1966, p. 91.

  14. Vd. infra: Libreria dei Sosii presso il vicus Tuscus o l’Argiletum.

  15. Sui vari editori/rivenditori di Marziale (Secondo in Mart. 1, 2; Atrecto in Mart. 1, 117, 9-19; Pollio Valeriano in Mart. 1, 113; Trifone in Mart. 4, 72 e Mart. 13, 3, 1-4) cf. Citroni 1975, pp. 21 e 344-346, anche con riferimento alla bibliografia sull’argomento.

  16. Cavallo 2013, pp. 6-7.

  17. Cavallo 2013, p. 7: «sono da ritenere esemplari prodotti nel primo trentennio circa del II sec. d.C. nella bottega di Sextus Peducaeus Dionysius, sita a Roma». Questa ipotesi è ammissibile solo se si accetta l’emendamento del tràdito Πεδουκίνια in Πεδουκαῖα proposto per la prima volta da Jones 2009, p. 393, e ripreso e ridiscusso da Stramaglia 2011, pp. 120-123. La lezione tràdita è mantenuta nelle edd. Boudon-Millot – Jouanna 2010, Vegetti 2013, Brodersen 2015; Πεδουκίνεια in Kotzia – Sotiroudis 2010, Garofalo – Lami 2012. Altri studiosi identificano questi testi menzionati da Galeno con quelli curati da Sesto Peduceo amico di Cicerone: cf. Jones 2009, p. 393; Boudon-Millot – Jouanna 2010, p. 52; Garofalo – Lami 2012, p. 57; Vegetti 2013, p. 288 (per una discussione approfondita delle posizioni in merito vd. Cavallo 2013, pp. 6-7 nn. 26 e 28). Sul passo di Galeno (Indol. 12b-13) e i vari testi a cui fa riferimento vd. BIBPAL-LET: "Galeno sui libri (perduti) «delle biblioteche del Palatino»". 

  18. Vd. BIBSILL-LET.

  19. Sulla circolazione nel mercato librario di copie corrotte cf. Pecere 2010, pp. 250-257; ulteriore bibliografia in BIBGMART-LET n. 7.

  20. Per una discussione di questi e ulteriori passi, con bibliografia, cf. BIBGMART-LET: "Biblioteca della villa sul Ianiculum". Su Plin. epist. 4, 26, 1 vd. anche BIBPLIN-LET n. 21.

  21. Vd. BIBSILL-LET.

  22. Vd. infra: Libreria dei Sosii presso il vicus Tuscus o l’Argiletum.

  23. Su questo aspetto cf. spec. Citroni 1975, pp. 358-359 (con bibliografia pregressa anche a p. 18); Phillips 1985; problematizzato in Starr 1987, p. 221.

  24. Vd. infra: Libreria a Lione.

  25. Sulle fasi di circolazione del testo, anche in relazione alla questione del plagio, cf. Citroni 1975, pp. xxiii; 96-97; Fedeli 1989, spec. pp. 358-360; Citroni 1995, pp. 3-29; Dorandi 2007, pp. 83-101; Pecere 2010, pp. 245-260; Citroni 2015, spec. pp. 111-118. Marziale si esprime contro i plagiari anche in Mart. 1, 38; 1, 52; 1, 53; 1, 72; 10, 100; 12, 63. Rispetto a Mart. 1, 29; Mart. 1, 66; Mart. 2, 20, negli altri epigrammi è più implicito il rapporto tra plagio e commercializzazione di un’opera.

  26. Citroni 1989; 1992; 2015 (spec. pp. 95-98 e 105-108), da cui dipendono strettamente le considerazioni qui avanzate sulla vendita di libri in occasione dei Saturnali.

  27. Citroni 2015, p. 96: «[i]l libro che si donava a un amico ai Saturnali poteva essere stato prodotto in casa dal donatore, oppure da questi commissionato a un artigiano esterno come dono elegante e personalizzato. Tra queste possibili situazioni la più usuale e diffusa doveva essere l’ultima, l’acquisto in libreria dell’opera da donare».

  28. Citroni 1989, pp. 208-209, spec. n. 15.

  29. Citroni 2015, pp. 97-98. Cavallo 2013, p. 6 pensa che provenissero da un’unica bottega libraria specializzata nell’allestimento di grandi opere letterarie in formato di codice come “novità editoriali”. Sul formato di libri in vendita presso i librai vd. infra.

  30. Sull’edizione di testi greci a Roma cf. Cavallo 2013.

  31. Vd. l’elenco dei libri da offrire in dono per i Saturnali citato supra.

  32. Sulle diverse interpretazioni di questi versi cf. Rudd 1956; EO, I, 731-732, s.v. “Fannio” (G. Lopez); Gowers 2012, p. 159.

  33. Su cui vd. supra. A questi passi si può aggiungere Plin. epist. 5, 10, 2-3, in cui Plinio il Giovane esorta Svetonio a pubblicare una sua opera perché possa presto entrare nei canali di circolazione libraria ed essere messa in vendita. Sul passo di Plinio e sull’identificazione dell’opera di Svetonio (forse il De viris illustribus) vd. BIBPLIN-LET: "Ulteriori attestazioni sulla collezione libraria di Plinio il Giovane". È possibile, inoltre, che nell'epistola 3, 5 Plinio il Giovane attesti la disponibilità delle opere di Plinio il Vecchio sul mercato librario: vd. BIBPLIN-LET. 

  34. Sui falsi nell’antichità cf. Zetzel 1973 e la bibliografia citata alla n. 25; su Galeno in part. Dorandi 2007, pp. 85-86; Pecere 2010, p. 245.

  35. Per quanto non vi sia esplicita menzione a un libraio in Mart. 14, 184; Mart. 14, 186; Mart. 14, 188; Mart. 14, 190; Mart. 14, 192, questi testi in formato di codice dovevano essere reperibili nelle librerie: vd. le considerazioni avanzate supra.

  36. Sul formato dei libri menzionati da Marziale cf. Citroni 1975, pp. 17-19; Dorandi 2007, pp. 22-24; Pecere 2010, pp. 91-92.

  37. EO 1, pp. 902-903, s.v. “Sosii” (M. Maniaci).

  38. Cf. supra; Citroni 1995, pp. 258-259.

  39. L’ipotesi è stata proposta da Bickerman 1944, pp. 340-341 (spec. n. 8) ed è condivisa da molti studiosi: cf. Erbse 1974, pp. 557-558; Turner 19802, p. 51.

  40. Cavallo 2013 (citaz. dalla p. 4). Per la traslitterazione del gen. Sŏsii in Σωσύου, con omega in luogo di omicron e ypsilon invece di iota, vd. Cavallo 2013, p. 4 n. 12.

  41. Cf. Cucchiarelli 2019, pp. 527-528 anche sui possibili valori simbolici della menzione di Vertumno e Giano all’inizio dell’epistola oraziana.

  42. LTUR 4, pp. 310-311, s.v. Signum Vortumni (J. Aronen).

  43. Così, da ultimo, Cucchiarelli 2019, pp. 194 e 527-528. Il monumento è menzionato anche in Hor. epist. 1, 54. Vd. LTUR 3, pp. 93-94, s.v. Ianus imus, medius, summus (E. Tortorici).

  44. LTUR 3, pp. 92-93, s.v. Ianus Geminus, aedes (E. Tortorici).

  45. Prima della dedica da parte di Nerva nel 97 d.C., era chiamato forum transitorium (collegava il foro romano e la Suburra). Marziale lo chiama «foro di Pallade» perché era dedicato a Minerva (Citroni 1975, p. 122).

  46. Citroni 1975, pp. 121-122; più generico White 2009, p. 271 n. 8 che la colloca presso il foro di Nerva e il tempio della Pace, senza menzionare l’Argiletum.

  47. Citroni 1975, pp. 17-18.

  48. Sulle ipotesi relative alla consistenza di questa edizione cf. Citroni 1975, pp. 17-18; sul ruolo di Secondo come editore/rivenditore di Marziale cf. Citroni 1975, p. 21.

  49. Citroni 1975, p. 21.

  50. Cf. Howell 1980, pp. 350-351, con bibliografia.

  51. Sull’uso del termine nidus in Mart. 1, 117, 15 per indicare gli scomparti delle scaffalature nelle librerie cf. supra n. 11.

  52. Cf. supra.

  53. Sul passo di Gellio cf. Stramaglia 1999, pp. 51-53 e 91-93.

Bibliografia

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Fonti

Fonti

Cic. Phil. 2, 21

in foro… se ille in scalas tabernae librariae coniecisset…

https://latin.packhum.org/loc/474/35/1/14351-14368@1

Cic. ad Q. fr. 3, 4, 5

De bibliotheca tua Graeca supplenda, libris commutandis, Latinis comparandis, valde velim ista confici, praesertim cum ad meum quoque usum spectent; sed ego, mihi ipsi ista per quem agam, non habeo — neque enim venalia sunt, quae quidem placeant, et confici nisi per hominem et peritum et diligentem non possunt—, Chrysippo tamen imperabo et cum Tyrannione loquar.

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Cic. ad Q. fr. 3, 5, 6

De libris, Tyrannio est cessator; Chrysippo dicam, sed res operosa est et hominis perdiligentis: sentio ipse, qui in summo studio nihil assequor. De Latinis vero, quo me vertam, nescio: ita mendose et scribuntur et veneunt; sed tamen, quod fieri poterit, non negligam.

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Catull. 14, 12-20

Di magni, horribilem et sacrum libellum! / Quem tu scilicet ad tuum Catullum / misti, continuo ut die periret, / Saturnalibus, optimo dierum! / Non non hoc tibi, salse, sic abibit: / nam, si luxerit, ad librariorum / curram scrinia, Caesios, Aquinos, / Suffenum, omnia colligam uenena, / ac te his suppliciis remunerabor.

https://www.mqdq.it/texts/CATVLL|carm|014

Catull. 55, 3-5

te Campo quaesimus minore, / te in Circo, te in omnibus libellis, / te in templo summi Iouis sacrato.

4 libellis vix sanum: ligellis B. Guarinus

https://www.mqdq.it/texts/CATVLL|carm|055

Strab. 13, 1, 54 (c 609)

εὐθὺς γὰρ μετὰ τὴν Ἀπελλικῶντος τελευτὴν Σύλλας ἦρε τὴν Ἀπελλικῶντος βιβλιοθήκην ὁ τὰς Ἀθήνας ἑλών, δεῦρο δὲ κομισθεῖσαν Τυραννίων τε ὁ γραμματικὸς διεχειρίσατο φιλαριστοτέλης ὤν, θεραπεύσας τὸν ἐπὶ τῆς βιβλιοθήκης, καὶ βιβλιοπῶλαί τινες γραφεῦσι φαύλοις χρώμενοι καὶ οὐκ ἀντιβάλλοντες, ὅπερ καὶ ἐπὶ τῶν ἄλλων συμβαίνει τῶν εἰς πρᾶσιν γραφομένων βιβλίων καὶ ἐνθάδε καὶ ἐν Ἀλεξανδρείᾳ.

http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0197%3Abook%3D13%3Achapter%3D1%3Asection%3D54

Hor. sat. 1, 4, 21-23

beatus Fannius ultro / delatis capsis et imagine, cum mea nemo / scripta legat.

https://www.mqdq.it/texts/HOR|sat1|004

Hor. sat. 1, 4, 71-72

nulla taberna meos habeat neque pila libellos / quis manus insudet uolgi Hermogenisque Tigelli…

https://www.mqdq.it/texts/HOR|sat1|004

Porph. ad Hor. sat. 1, 4, 71

negat se libellos suos edere bibliopolis, qui uel tabernas habeant uel armaria apud pilas.

https://latin.packhum.org/loc/1512/5/3/5786-5830@1#3

Hor. epist. 1, 20, 1-2

Vortumnum Ianumque, liber, spectare uideris, / scilicet ut prostes Sosiorum pumice mundus.

https://www.mqdq.it/texts/HOR|epi1|020

Porph. ad Hor. epist. 1, 20, 2

Sosi<i> illo tempore fratres erant bibliopolae celeberrimi.

https://latin.packhum.org/loc/1512/6/19/1351-1377@1#19

Ps. Acr. ad Hor. epist. 1, 20, 2

in mensa Sosiorum, qui Graece bibliopolae appellantur, idest uenditores librorum.

https://archive.org/details/pseudacronisscho0002pseu/page/276/mode/2up?view=theater

Hor. ars 345-346

hic meret aera liber Sosiis, hic et mare transit / et longum noto scriptori prorogat aeuum.

https://www.mqdq.it/texts/HOR|arpo|001

Hor. ars 372-373

mediocribus esse poetis / non homines, non di, non concessere columnae.

https://www.mqdq.it/texts/HOR|arpo|001

P.Mil.Vogl. I 19

Ἀπολλοδώρ̣[ου] | Ἀθηναίου | γ̣ραμματικ[οῦ] | Ζητήματ[α] | γ̣ρ̣αμμ̣ατικ̣[ ὰ] | [ε]ἰ̣ς τ[ὴν] ξ´ | τῆς Ἰ[λ]ιάδος | Σωσύου

Ov. trist. 2, 471-492

Sunt aliis scriptae, quibus alea luditur, artes / (hoc est ad nostros non leue crimen auos) / quid ualeant tali, quo possis plurima iactu / figere, damnosos effugiasue canes, / tessera quos habeat numeros, distante uocato / mittere quo deceat, quo dare missa modo, / discolor ut recto grassetur limite miles, / cum medius gemino calculus hoste perit, / ut bellare sequens sciat et reuocare priorem, / nec tuto fugiens incomitatus eat; / parua sit ut ternis instructa tabella lapillis, / in qua uicisse est continuasse suos; / quique alii lusus (neque enim nunc persequar omnes) / perdere, rem caram, tempora nostra solent. / Ecce canit formas alius iactusque pilarum, / hic artem nandi praecipit, ille trochi, / composita est aliis fucandi cura coloris; / hic epulis leges hospitioque dedit / alter humum, de qua fingantur pocula, monstrat, / quaeque, docet, liquido testa sit apta mero. / Talia luduntur fumoso mense Decembri, / quae damno nulli composuisse fuit.

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri2|001

Sen. benef. 7, 6, 1

Libros dicimus esse Ciceronis; eosdem Dorus librarius suos vocat, et utrumque verum est. Alter illos tamquam auctor sibi, alter tamquam emptor adserit; ac recte utriusque dicuntur esse, utriusque enim sunt, sed non eodem modo. Sic potest Titus Livius a Doro accipere aut emere libros suos.

https://latin.packhum.org/loc/1017/13/124/165-194@1#124

Mart. 1, 2

Qui tecum cupis esse meos ubicumque libellos / et comites longae quaeris habere uiae, / hos eme, quos artat breuibus membrana tabellis: / scrinia da magnis, me manus una capit. / Ne tamen ignores ubi sim uenalis et erres / urbe uagus tota, me duce certus eris: / libertum docti Lucensis quaere Secundum / limina post Pacis Palladiumque forum.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep01|002

Mart. 1, 3, 1-2

Argiletanas mavis habitare tabernas, / cum tibi, parve liber, scrinia nostra vacent.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep01|003

Mart. 1, 29

Fama refert nostros te, Fidentine, libellos / non aliter populo quam recitare tuos. / Si mea uis dici, gratis tibi carmina mittam: / si dici tua uis, hoc eme, ne mea sint.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep01|029

Mart. 1, 66

Erras, meorum fur auare librorum, / fieri poetam posse qui putas tanti, / scriptura quanti constet et tomus uilis: / non sex paratur aut decem sophos nummis. / secreta quaere carmina et rudes curas / quas nouit unus scrinioque signatas / custodit ipse uirginis pater chartae, / quae trita duro non inhorruit mento. / mutare dominum non potest liber notus. / sed pumicata fronte si quis est nondum / nec umbilicis cultus atque membrana, / mercare: tales habeo; nec sciet quisquam. / aliena quisquis recitat et petit famam, / non emere librum, sed silentium debet.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep01|066

Mart. 1, 113

quaecumque lusi iuuenis et puer quondam / apinasque nostras, quas nec ipse iam noui, / […] a Valeriano Pollio petes Quinto, / per quem perire non licet meis nugis.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep01|113

Mart. 1, 117, 9-18

Argi nempe soles subire Letum: / contra Caesaris est forum taberna / scriptis postibus hinc et inde totis, / omnis ut cito perlegas poetas. / Illinc me pete. nec roges Atrectum- / hoc nomen dominus gerit tabernae-: / de primo dabit alteroue nido / rasum pumice purpuraque cultum / denaris tibi quinque Martialem. / ‘Tanti non es’ ais? sapis, Luperce.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep01|117

Mart. 2, 8, 1-4

Si qua uidebuntur chartis tibi, lector, in istis / siue obscura nimis siue latina parum, / non meus est error: nocuit librarius illis / dum properat uersus adnumerare tibi.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep02|008

Mart. 2, 20

Carmina Paulus emit, recitat sua carmina Paulus. / Nam quod emas possis iure uocare tuum.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep02|020

Mart. 4, 72

Exigis ut donem nostros tibi, Quinte, libellos. / non habeo sed habet bybliopola Tryphon. / ‘aes dabo pro nugis et emam tua carmina sanus? / non’ inquis ‘faciam tam fatue’. nec ego.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep04|072

Mart. 9, 99, 7-10

Uilis eras, fateor, si te nunc mitteret emptor; / grande tui pretium muneris auctor erit: / multum, crede mihi, refert a fonte bibatur / quae fluit an pigro quae stupet unda lacu.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep09|099

Mart. 13, 3, 1-4

omnis in hoc gracili XENIORVM turba libello / constabit nummis quattuor empta tibi. / quattuor est nimium? poterit constare duobus, / et faciat lucrum bybliopola Tryphon.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep13|003

Mart. 14, 183

Homeri Batrachomachia.

Perlege Maeonio cantatas carmine ranas / et frontem nugis soluere disce meis.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|183

Mart. 14, 184

Homerus in pugillaribus membraneis.

Ilias et Priami regnis inimicus Ulixes / multiplici pariter condita pelle latent.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|184

Mart. 14, 185

Vergili Culex.

Accipe facundi Culicem, studiose, Maronis, / ne nucibus positis ARMA VIRVMQVE legas.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|185

Mart. 14, 186

Vergilius in membranis.

Quam breuis immensum cepit membrana Maronem / ipsius uultus prima tabella gerit.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|186

Mart. 14, 187

Μενάνδρου Θαΐς.

Hac primum iuuenum lasciuos lusit amores; / nec Glycera pueri, Thais amica fuit.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|187

Mart. 14, 188

Cicero in membranis.

Si comes ista tibi fuerit membrana, putato / carpere te longas cum Cicerone uias.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|188

Mart. 14, 189

Monobyblos Properti.

Cynthia – facundi carmen iuuenale Properti – / accepit famam, non minus ipsa dedit.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|189

Mart. 14, 190

Titus Liuius in membranis.

Pellibus exiguis artatur Liuius ingens, / quem mea non totum bibliotheca capit.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|190

Mart. 14, 191

Sallustius.

Hic erit, ut perhibent doctorum corda uirorum, / primus Romana Crispus in historia.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|191

Mart. 14, 192

Ouidi Metamorphosis in membranis.

Haec tibi multiplici quae structa est massa tabella, / carmina Nasonis quinque decemque gerit.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|192

Mart. 14, 193

Tibullus.

Vssit amatorem Nemesis lasciua Tibullum, / in tota iuuit quem nihil esse domo.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|193

Mart. 14, 194

Lucanus.

Sunt quidam qui me dicant non esse poetam: / sed qui me uendit bybliopola putat.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|194

Mart. 14, 195

Catullus.

Tantum magna suo debet Verona Catullo, / quantum parua suo Mantua Vergilio.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|195

Mart. 14, 196

Calui de aquae frigidae usu.

Haec tibi quae fontes et aquarum nomina dicit, / ipsa suas melius charta natabat aquas.

https://www.mqdq.it/texts/MART|ep14|196

Quint. praef. 1-3

M. Fabius Quintilianus Tryphoni suo salutem. Efflagitasti cotidiano convicio ut libros quos ad Marcellum meum de institutione oratoria scripseram iam emittere inciperem. […] Multum autem in tua quoque fide ac diligentia positum est, ut in manus hominum quam emendatissimi veniant.

https://latin.packhum.org/loc/1002/1/0/123-144@1#0

Plin. epist. 1, 2, 5-6

confitebor et ipsum me et contubernales ab editione non abhorrere, si modo tu fortasse errori nostro album calculum adieceris. Est enim plane aliquid edendum — atque utinam hoc potissimum quod paratum est! Audis desidiae votum — edendum autem ex pluribus causis, maxime quod libelli quos emisimus dicuntur in manibus esse, quamvis iam gratiam novitatis exuerint; nisi tamen auribus nostris bibliopolae blandiuntur. Sed sane blandiantur, dum per hoc mendacium nobis studia nostra commendent.

https://latin.packhum.org/loc/1318/1/1/1017-1043@1#1

Plin. epist. 2, 10, 1-3

Hominem te patientem vel potius durum ac paene crudelem, qui tam insignes libros tam diu teneas! […] Enotuerunt quidam tui versus, et invito te claustra sua refregerunt. Hos nisi retrahis in corpus, quandoque ut errones aliquem cuius dicantur invenient.

https://latin.packhum.org/loc/1318/1/33/79-99@1#33

Plin. epist. 4, 26, 1

Petis ut libellos meos, quos studiosissime comparasti, recognoscendos emendandosque curem.

https://latin.packhum.org/loc/1318/1/90/87-109@1#90

Plin. epist. 5, 10, 2-3

Sum et ipse in edendo haesitator, tu tamen meam quoque cunctationem tarditatemque vicisti. […] Patere me videre titulum tuum, patere audire describi legi venire volumina Tranquilli mei.

https://latin.packhum.org/loc/1318/1/104/299-320@1#104

Plin. epist. 9, 11, 2

Bibliopolas Lugduni esse non putabam ac tanto libentius ex litteris tuis cognovi venditari libellos meos, quibus peregre manere gratiam quam in urbe collegerint delector. Incipio enim satis absolutum existimare, de quo tanta diversitate regionum discreta hominum iudicia consentiunt.

https://latin.packhum.org/loc/1318/1/217/332-351@1#217

Stat. silv. 4, praef. 23-26

Plotio Grypo, maioris gradus iuueni, dignius opusculum reddam, sed interim hendecasyllabos quos Saturnalibus una risimus huic volumini inserui.

https://latin.packhum.org/loc/1020/2/21/1353-1365@1#21

Stat. silv. 4, 9, 10 e 20-23

tu rosum tineis situque putrem (sc. libellum misisti mihi) / […] / sed Bruti senis oscitationes / de capsa miseri libellionis, / emptum plus minus asse Gaiano, / donas.

https://www.mqdq.it/texts/STAT|sil4|009

Gell. 2, 3, 5

venit nobis in memoriam Fidum Optatum, multi nominis Romae grammaticum, ostendisse mihi librum Aeneidos secundum mirandae vetustatis emptum in Sigillariis viginti aureis, quem ipsius Vergili fuisse credebatur.

https://latin.packhum.org/loc/1254/1/48/930-954@1#48

Gell. 5, 4, 1-2

Apud Sigillaria forte in libraria ego et Iulius Paulus poeta, uir memoria nostra doctissimus, consideramus; atque ibi expositi erant Fabii annales, bonae atque sincerae uetustatis libri, quos uenditor sine mendis esse contendebat. Grammaticus autem quispiam de nobilioribus ab emptore ad spectandos libros adhibitus repperisse unum in libro mendum dicebat; sed contra librarius in quoduis pignus uocabat, si in una uspiam littera delictum esset. Ostendebat grammaticus ita scriptum in libro quarto…

https://latin.packhum.org/loc/1254/1/118/154-175@1#118

Gell. 9, 4, 1-5

Cum e Graecia in Italiam rediremus et Brundisium iremus egressique e navi in terram in portu illo inclito spatiaremur […] fasces librorum venalium expositos vidimus. Atque ego avide statim pergo ad libros. Erant autem isti omnes libri Graeci miraculorum fabularumque pleni, res inauditae, incredulae, scriptores veteres non parvae auctoritatis: Aristeas Proconnesius et Isigonus Nicaeensis et Ctesias et Onesicritus et Polystephanus et Hegesias; ipsa autem volumina ex diutino situ squalebant et habitu aspectuque taetro erant. Accessi tamen percontatusque pretium sum et adductus mira atque insperata vilitate libros plurimos aere pauco emo eosque omnis duabus proximis noctibus cursim transeo.

https://latin.packhum.org/loc/1254/1/193/191-215@1#193

Gell. 13, 31, 1-6

Laudabat venditabatque se nuper quispiam in libraria sedens homo inepte gloriosus, tamquam unus esset in omni caelo saturarum M. Varronis enarrator, quas partim Cynicas, alii Menippeas appellant. […] Tunc aliis etiam, qui ibi aderant, compluribus idem comprobantibus desiderantibusque accipit a me librum ueterem fidei spectatae luculente scriptum.

https://latin.packhum.org/loc/1254/1/298/102-124@1#298

Gell. 18, 4, 1

Cum iam adulescentuli Romae praetextam et puerilem togam mutassemus magistrosque tunc nobis nosmet ipsi exploratiores quaereremus, in Sandaliario forte apud librarios fuimus, cum ibi in multorum hominum coetu Apollinaris Sulpicius, uir in memoria nostra praeter alios doctus, iactatorem quempiam et uenditatorem Sallustianae lectionis inrisit inlusitque genere illo facetissimae dissimulationis, qua Socrates ad sophistas utebatur.

https://latin.packhum.org/loc/1254/1/381/389-411@1#381

Gell. 18, 5, 11

Sed enim contentus,” inquit, “ego his non fui et, ut non turbidae fidei nec ambiguae, sed ut purae liquentisque esset, 'equus' ne an 'eques' scriptum Ennius reliquisset, librum summae atque reverendae vetustatis, quem fere constabat Lampadionis manu emendatum, studio pretioque multo unius versus inspiciendi gratia conduxi et 'eques,' non 'equus,' scriptum in eo versu inveni.”

https://latin.packhum.org/loc/1254/1/382/2738-2769@1#382

Galen. 19, 8, 4-9, 4 Kühn (= I miei libri, prol. 1-2 Vegetti)

ἐν γάρ τοι τῷ Σανδαλαρίῳ, καθ’ ὃ δὴ πλεῖστα τῶν ἐν Ῥώμῃ βιβλιοπωλείων ἐστίν, ἐθεασάμεθά τινας ἀμφισβητοῦντας, εἴτ’ ἐμὸν εἴη τὸ πιπρασκόμενον αὐτὸ βιβλίον εἴτ’ ἄλλου τινός· ἐπεγέγραπτο [μὴ] γὰρ ‘Γαληνὸς ἰατρός’. ὠνουμένου δέ τινος ὡς ἐμὸν ὑπὸ τοῦ ξένου τῆς ἐπιγραφῆς κινηθείς τις ἀνὴρ τῶν φιλολόγων ἐβουλήθη γνῶναι τὴν ἐπαγγελίαν αὐτοῦ· καὶ δύο τοὺς πρώτους στίχους ἀναγνοὺς εὐθέως ἀπέρριψε τὸ γράμμα, τοῦτο μόνον ἐπιφθεγξάμενος, ὡς οὐκ ἔστιν ἡ λέξις αὕτη Γαληνοῦ καὶ ψευδῶς ἐπιγέγραπται τουτὶ τὸ βιβλίον.

https://archive.org/details/BIUSante_45674x19/page/7/mode/2up

Galen. 14, 620, 1 Kühn

καταβὰς δὲ εἰς τὸ Σανταλάριον ἀπήντησέ μοι κατὰ τύχην, εὐθέως δὲ μήτε προσαγορεύσας, ὡς ἔθος εἶχεν, ἐπύθετο πότερον ἀνεγνωκὼς εἴην τὸ δεύτερον τῶν Ἱπποκράτους προῤῥητικῶν κτλ

https://archive.org/details/BIUSante_45674x14/page/620/mode/2up?view=theater

Galen. Indol. 13 Boudon-Millot – Jouanna, con qualche modifica

οὔτε οὖν ὅσα σπάνια καὶ ἀλ<λ>αχόθι μηδαμόθεν κείμενα δυνατόν ἐστιν εὑρεῖν ἔτι, οὔτε τῶν <ἐν> μέσῳ, διὰ δὲ τὴν τῆς γραφῆς ἀκρίβειαν ἐσπουδασμένων, Καλλίνια καὶ Ἀττικιανὰ καὶ Πεδουκαῖα καὶ μὴν Ἀριστάρχεια οἵτινές εἰσιν Ὅμηροι δύο καὶ Πλάτων ὁ Παναιτίου καὶ ἄλλα πολλὰ τοιαῦτα κτλ.

ἔτι Roselli 2010, p. 136 n. 44 : ἐστι ms., quod Boudon-Millot – Jouanna secl.

<ἐν> μέσῳ Roselli 2010, p. 136 n. 45 et Hardley (ap. Nutton 2013, p. 81) suo Marte, probantibus multis : μέσων ms., Boudon-Millot – Jouanna, alii

Πεδουκαῖα Jones 2009, p. 393, Stramaglia 2011, p. 124 : Πεδουκίνια ms., Boudon-Millot – Jouanna, alii

Testimoni epigrafici

CIL 6.9218

https://db.edcs.eu/epigr/cil/cil10/cil10_fva_p34.pdf

Informazioni sull'autore

Marta Maria Perilli - 0000-0001-6883-7286
Università degli studi di Firenze

Informazioni

Cita come: Marta Maria Perilli, Librerie di area occidentale_Scheda Letteraria, anno 2023, DOI 10.35948/DILEF/Dalib/38 contenuto in Valeria Piano, Barbara del Giovane (a cura di), DaLiB. Dal Libro alla biblioteca, DILEF Unifi 2023.

Ricevuto il: 19/08/2023

Pubblicato online il: 28/09/2023

DOI: 10.35948/DILEF/Dalib/38

Copyright e licenza d'uso: https://dalib.it/contenuti/informativa/8261

Progetto finanziato da:

Questo sito è stato realizzato ed è ospitato dal Laboratorio di Informatica Umanistica del DILEF – Università degli studi di Firenze