Fa parte di Biblioteche private/Altre biblioteche private
Francesco Cannizzaro - Pubblicato online il 11/08/2024 - DOI: 10.35948/DILEF/Dalib/50
Tra le questioni irrisolte in merito alla circolazione libraria in età ellenistica e primo-imperiale, un posto privilegiato è occupato dal destino della biblioteca di Aristotele. Oltre a scrivere numerosissime opere (le cosiddette opere essoteriche, destinate alla divulgazione, e le opere esoteriche, trattati in forma di appunti, concepiti per uso interno del Liceo), Aristotele nel corso della propria vita ha acquisito molti rotoli e addirittura intere biblioteche, su cui ha basato le proprie ricerche: sappiamo, per esempio, che compra la biblioteca del platonico Speusippo (Gell. 3, 7, 13; Diog. Laert. 4, 5, che attribuisce la notizia a Favorino)[1].
Strabone e Ateneo: la via di Scepsi, la via di Alessandria e una “via intermedia”
Dopo la morte di Aristotele, questo immenso patrimonio librario deve essere passato a Teofrasto di Ereso, suo successore come scolarca del Liceo, nonché maestro (e, secondo alcune fonti, amante) del figlio Nicomaco e amico di Demetrio Falereo, grazie al quale ha, benché meteco, una proprietà ad Atene (Diog. Laert. 5, 38-39)[2]. Teofrasto, il quale di certo incrementa ulteriormente la biblioteca, lascia tutti i libri a Neleo, come documenta il suo testamento (Diog. Laert. 5, 52). Sulla base di questa notizia, è stato supposto che Neleo fosse lo scolarca desiderato da Teofrasto – e che Neleo si sia, dunque, risentito per la nomina a scolarca di Stratone di Lampsaco –, ma questa ipotesi è tutt’altro che scontata: Neleo poteva essere stato scelto solo in qualità di sorvegliante della biblioteca o, nelle parole di Gottschalk, di «esecutore letterario», affinché, cioè, preparasse la pubblicazione delle opere contenute nella biblioteca stessa (come Callino con Licone secondo Diog. Laert. 5, 73)[3].
A questo punto, le nostre fonti antiche divergono. Secondo la versione riportata da Strabone e Plutarco (Str. 13, 1, 54; Plu. Sull. 26, 1-3), Neleo porta con sé i libri di Aristotele e Teofrasto a Scepsi, sua città natale[4], e li lascia ai propri discendenti: essi, senza consegnarli agli Attalidi, li custodiscono per decenni in una sorta di “cantina” da cui, ormai in cattive condizioni, li recupera, verso la fine del II sec. a.C. o l’inizio del I sec., l’avventuriero e sedicente filosofo Apellicone di Teo. Con lui i libri giungono ad Atene (dove, sempre secondo Str. 13, 1, 54, sono disponibili solo poche opere, soprattutto essoteriche) e, da lì, razziati da Silla, vengono portati in Italia (vd. BIBSILL-LET)[5], dove vengono pubblicati da librari che usano copisti di scarsa qualità; tra coloro che si cimentano su questi testi c’è Tirannione, maestro dello stesso Strabone (Str. 12, 3, 16) e probabile fonte di questa storia. Il lavoro di Tirannione sul corpus giunto da Atene viene ripreso e completato dal celebre Andronico di Rodi, che redigerà un pinax con le opere di Aristotele e Teofrasto. Pur molto simili, le due fonti di questa versione si distinguono per la maggiore sintesi di Plutarco, la (sospetta) mancata menzione straboniana del lavoro di Andronico – tanto più che Andronico è citato più avanti da Strabone come illustre peripatetico rodiese (Str. 14, 2, 13) –[6] e per il forte tono polemico che si rintraccia in Strabone[7]: questi, infatti, è assai critico nei confronti del Peripato in età ellenistica e riconduce la decadenza della scuola alla mancanza dei libri del maestro; solo con Tirannione, a suo dire, inizierebbe la rinascita dell’aristotelismo. Va evidenziato fin d’ora che Plutarco, tra le nostre fonti più antiche su Andronico, non parla di lui come editore delle opere di Aristotele, bensì come colui che le ha rese in qualche modo pubbliche (εἰς μέσον θεῖναι) e le ha catalogate (ἀναγράψαι πίνακας).
Al contrario, secondo una versione concorrente che deriva dalle fonti di Ateneo di Naucrati, Tolomeo II Filadelfo compra da Neleo e acquisisce da Atene e da Rodi i libri della biblioteca di Aristotele, portando tutto ad Alessandria (Ath. 1, 3a-b): il passo è particolarmente conciso, trovandosi nella parte dell’opera di Ateneo giunta a noi in forma di epitome; non è chiaro, per esempio, se Tolomeo acquisisca i libri di Aristotele e Teofrasto – il nome di Teofrasto è aggiunto per congettura[8] – mentre Neleo è ad Atene o una volta che è tornato a Scepsi. Sempre Ateneo, però, nel libro V della sua opera, citando Posidonio, parla (spregiativamente) di Apellicone come colui che, interessato alla filosofia peripatetica, avrebbe acquisito la biblioteca di Aristotele (Posid. fr. 253 Edelstein-Kidd, in Ath. 5, 214d-e): dal momento che ciò collima con quanto riportano Strabone e Plutarco, spesso la versione alessandrina viene scarsamente considerata ancora in contributi recenti[9].
Una “via intermedia” tra le due versioni, esplorata soprattutto da Luciano Canfora, è quella di ritenere che le opere della biblioteca di Aristotele e Teofrasto (le loro fonti erudite, i libri da loro acquisiti, anche le opere essoteriche) siano effettivamente finite ad Alessandria, laddove le opere esoteriche avrebbero preso la via di Scepsi e sarebbero rimaste sconosciute per gran parte dell’età ellenistica[10]. L’ipotesi è certamente suggestiva, ma è destinata a rimanere «a fantastic myth»[11]: abbiamo prove di una circolazione delle opere esoteriche di Aristotele durante l’età ellenistica (cf. infra); inoltre, le nostre fonti, pur effettivamente ambigue su ciò che intendono per βιβλιοθήκη e βιβλία (complesso dei libri posseduti da Aristotele e Teofrasto? manoscritti delle opere di Aristotele e Teofrasto?) non parlano di una distinzione tra le opere esoteriche e le altre opere della biblioteca di Aristotele e Teofrasto.
Va dato rilievo, comunque, al fatto che un legame tra la biblioteca di Aristotele e l’Egitto è individuato anche da Strabone (Str. 13, 1, 54), quando scrive che Aristotele avrebbe insegnato ai Tolemei come organizzare una biblioteca. Ovviamente, Aristotele era già morto al tempo della costituzione della biblioteca di Alessandria, ma cruciale è il ruolo che nella concezione del Museo e della biblioteca di Alessandria hanno avuto Demetrio Falereo, amico di Teofrasto, nonché governatore di Atene e consigliere di Tolomeo I, e gli stessi Teofrasto e Stratone di Lampsaco, scolarca del Liceo e precettore di Tolomeo II; più in generale, la metodologia di lavoro dei filologi alessandrini, inclusi gli studi grammaticali sul testo omerico, risente di una forte spinta aristotelica, come è stato ormai assodato dagli studiosi[12].
Uno sguardo generale sulle liste antiche delle opere di Aristotele
Un ulteriore problema che si pone nell’affrontare questi materiali è costituito dalle liste antiche delle opere di Aristotele[13]. Mentre, per quanto riguarda Teofrasto, la lista delle sue opere attestata in Diogene Laerzio (5, 42-50) ha verosimilmente origine alessandrina (l’autore proposto è Ermippo)[14] e, di conseguenza, l’immenso numero di opere lì menzionate doveva essere disponibile ad Alessandria, al contrario, la lista delle opere di Aristotele in Diogene Laerzio (5, 22-27) e la lista simile contenuta nella Vita Hesychii[15] sono per noi di origine oscura. Certamente riflettono un ordine e una titolatura pre-andronicani delle opere (quindi, diversi da quello a cui noi moderni siamo abituati), ma, comunque, vi compaiono opere non pervenuteci, mentre ne mancano molte fondamentali, soprattutto di fisica, biologia e metafisica. Inoltre, nonostante l’ipotesi di un’origine alessandrina della lista sia ancora la più fortunata tra gli studiosi[16], vi sono varie ragioni che rendono questa ipotesi problematica, tanto più che l’autore della lista dovrebbe essere lo stesso Ermippo, redattore di almeno una delle liste teofrastee e che, però, per la lista aristotelica dovrebbe aver seguito criteri pinacografici assai diversi. Non è, dunque, da escludere, come proponeva Paul Moraux, che la lista diogeniana sia ateniese e rifletta quali opere di Aristotele fossero disponibili nel II sec. a.C. nel Liceo[17].
Esiste, infine, una terza lista delle opere di Aristotele, di origine greca ma pervenutaci in lingua araba: essa risulta per i lettori moderni assai più familiare delle altre perché, accanto a numerose opere perdute, vi sono anche i trattati aristotelici a noi noti. L’autore di questa lista, un non meglio precisato Tolomeo (chiamato in alcuni manoscritti arabi al-Gharīb, cioè “estraneo” o “straniero”), conosce il catalogo di Andronico, ma, secondo le recenti tesi di Marwan Rashed, potrebbe riprodurre, fondamentalmente, il catalogo alessandrino pre-andronicano delle opere di Aristotele. Oltre alla lettera prefatoria, in cui l’autore dichiara di non avere a disposizione il catalogo andronicano mentre scrive il proprio libello (Ptol. al-Gharīb 3 Rashed), vi sono alcuni elementi, soprattutto inerenti alle opere aristoteliche di etica e di metafisica, che inducono a pensare che l’elenco sia pre-andronicano[18]. Ciò implicherebbe che pressoché tutte le opere esoteriche fossero note ad Alessandria in età ellenistica già prima di Andronico[19]. Si comprende bene, dunque, come la questione della circolazione delle opere di Aristotele e del destino della sua biblioteca sia estremamente complessa.
Aristotele in età ellenistica: una circolazione policentrica
Se prestiamo fede al racconto di Strabone, le opere esoteriche di Aristotele, finite a Scepsi insieme al resto della biblioteca del Liceo, essendo inedite e quindi irrecuperabili altrove, sarebbero state perdute fino ad Apellicone. Può giovare chiedersi se al di là delle contraddittorie fonti antiche e dei cataloghi, esistano prove di una circolazione in età ellenistica fino agli inizi del I sec. a.C. di tali opere[20].
Fin dai tempi di Eduard Zeller, la risposta è stata generalmente affermativa[21]: anzi, è possibile individuare alcuni centri di circolazione, almeno parziale, di opere esoteriche di Aristotele.
Il primo di questi centri è Rodi. Eudemo da Rodi, discepolo e collaboratore di Aristotele, morto il maestro, possiede una copia della Fisica di cui parla in un’epistola a Teofrasto (Eudem. fr. 6 Wehrli = Simpl. Comm. Phys., in CAG 10, p. 923, 7-11 Diels); a Eudemo Aristotele avrebbe mandato una copia, non ancora definitiva, della Metafisica ed è addirittura nata l’idea che il nipote di Eudemo abbia scritto il libro ἄλφα μεῖζον (Eudem. frr. 3-4 Wehrli passim = Ascl. Comm. Metaph., in CAG 6,2, p. 4, 8-22 Hayduck)[22]. Le tracce di una circolazione rodiese degli scritti esoterici di Aristotele sono, dunque, piuttosto consistenti e giungono, come è stato recentemente argomentato, fino a Posidonio[23].
Se si considera Atene, è decisamente improbabile che il Liceo fosse privo di libri dopo Neleo, tanto più che nel II sec. a.C. esso rimane piuttosto attivo, sebbene su temi parzialmente diversi rispetto a quelli che saranno popolari a partire dalla fine del I sec. a.C.: dobbiamo pensare che un peripatetico come Critolao, che secondo Cic. fin. 5, 14 ha voluto imitare gli antichi maestri, discutesse di fisica o di etica senza conoscere gli insegnamenti di Aristotele al riguardo, ma solo le opere divulgative[24]? Poi, Diogene Laerzio non fa alcuna menzione di una presunta sparizione di libri con Neleo: anzi, di libri in lasciti testamentari di scolarchi si parla a proposito di Stratone di Lampsaco, successore di Teofrasto (Diog. Laert. 5, 62, ove per giunta si menzionano proprio i libri non scritti da Stratone)[25], e di Licone (Diog. Laert. 5, 73). Peraltro, uno scambio epistolare (ritenuto spurio) tra Aristotele e Alessandro Magno, pubblicato da Andronico da Rodi (cf. infra), rende implicito che le opere esoteriche fossero in qualche modo note al di fuori del Liceo (Plu. Alex. 7, 6-9; Gell. 20, 5, 6-10), al punto da destare la (fittizia, se le epistole sono spurie) preoccupazione del sovrano macedone. Infine, da una lettera riportata da Filodemo nell’opera Adversus eos qui se libros nosse profitentur, sappiamo che lo stesso Epicuro conosce gli Analitici e una o più opere Sulla natura di Aristotele (Epicur. fr. 127 Arrighetti = P.Herc. 1005, fr. 111, 6-12 Angeli)[26]. Nella ricerca di tracce di opere esoteriche di Aristotele ad Atene si è pensato anche all’attidografo Filocoro, il quale sembra citare il libro IV dei Meteorologica: tuttavia, la citazione, di per sé problematica per il suo contenuto in rapporto al testo aristotelico, non è attribuibile con certezza a Filocoro, tanto che nell’edizione FGrHist essa non è inclusa tra i frammenti dell’attidografo (Ath. 14, 656a-b).
Ma è ad Alessandria che, anche prescindendo dai cataloghi antichi e da Ateneo, abbiamo testimonianze di una certa circolazione degli scritti esoterici di Aristotele[27]. Myrto Hatzmichali tratta a lungo delle opere biologiche di Aristotele e sottolinea come la filologia alessandrina, soprattutto (ma non solo) nella figura di Aristofane di Bisanzio, conosca bene l’Aristotele zoologo: evidentemente, i trattati sugli animali (o gli “antenati” di tali trattati) dovevano essere disponibili nella biblioteca[28]. Altri studiosi sottolineano che i filologi alessandrini da Zenodoto in poi, tanto influenzati dal Peripato dal punto di vista metodologico (cf. supra), sembrano aver presenti almeno le opere cronologiche di Aristotele, quelle politiche, retoriche e poetiche, inclusa, possibilmente, la celebre Poetica[29]. Ad Alessandria, poi, non mancavano affatto le opere logiche: addirittura, secondo i commentatori di Aristotele, a seguito del desiderio di Tolomeo II di acquisire quanti più libri aristotelici fosse possibile, si è creato un fiorire di falsi tale per cui nella biblioteca alessandrina c’erano 40 libri di Analitici e due di Categorie (Philop. Comm. Categ., in CAG 13,1, p. 7, 22-28 Busse). Per quanto concerne le opere aristoteliche di fisica, metafisica e meteorologia, il silenzio degli alessandrini, inclusi scienziati e geografi dottissimi quali Callimaco ed Eratostene, può far pensare o che tali trattati non fossero effettivamente disponibili ad Alessandria o che, nell’ipotesi di Rashed, non interessassero in quanto poco tecnici e troppo “filosofici”.
Vale la pena ora di spendere qualche parola su autori alquanto misteriosi, ma significativi per rispondere alla domanda che ci siamo posti in apertura.
Il primo di essi è Ocello (o Occello, o Occelo) Lucano, filosofo pitagorico cui è attribuito un trattato Sulla natura del tutto, nel quale attinge a piene mani al De generatione et corruptione di Aristotele (Simplicio ritiene, invece, che sia Aristotele a essersi ispirato a Ocello e Timeo: cf. Ocell. test. 6 Harder = Syrian. Comm. Metaph., in CAG 6,1, p. 175, 5-11 Kroll). Se è vero che questo trattato si colloca cronologicamente nel II sec a.C. e che si basa su una conoscenza diretta del trattato aristotelico, siamo di fronte a una testimonianza sulla precoce circolazione di certe opere esoteriche di Aristotele in ambienti pitagorici e in Italia meridionale[30].
In secondo luogo, sotto il nome di Demetrio, forse identificabile con Demetrio Siro maestro di Cicerone (Cic. Brut. 315), ci è giunto un trattato di II-I sec. a.C. dal titolo Sullo stile: esso, oltre a essere possibilmente influenzato dal libro III della Retorica aristotelica, menziona una raccolta di lettere aristoteliche ad opera di Artemone (Demetr. eloc. 223). Questa stessa raccolta figura tra le opere elencate da Tolomeo al- Gharīb a proposito della biblioteca di Apellicone (Ptol. al-Gharīb 97-99 Rashed). Dunque, Artemone, prima della comparsa di Apellicone, deve aver redatto la raccolta epistolare, che poi è finita in mano ad Apellicone e Demetrio: le lettere di Aristotele dovevano circolare prima del I sec. a.C. – forse nella Pergamo del II sec. a.C., se l’Artemone nominato da Demetrio, probabilmente Artemone di Cassandreia, coincide con l’Artemone di Pergamo attestato negli scoli a Pindaro (e.g., Schol. ad Pind. Ol. 2, 16). Infine, uno dei bibliotecari di Pergamo, poi portato a Roma da Catone l’Uticense e presumibilmente morto prima del suo suicidio nel 46 a.C. (Str. 14, 5, 14; Plu. Cat. Mi. 10 e Plu. Cat. Mi. 16, 1; Diog. Laert. 7, 34), è un certo Atenodoro, detto Cordilione, possibile autore di un’esegesi alle Categorie solitamente attribuita al più noto Atenodoro Calvo[31]: si tratterebbe di un ulteriore indizio della diffusione a Pergamo delle opere di Aristotele[32].
Le testimonianze di una circolazione in età ellenistica delle opere esoteriche di Aristotele fanno pensare che il riferimento di Ateneo – al fatto che Tolomeo avesse comprato tutti i libri e li avesse portati ad Alessandria – abbia qualche fondamento e che almeno in parte il racconto straboniano in relazione alla conservazione del corpus esoterico esclusivamente in una cantina a Scepsi sia tendenzioso. Questo significa che tutto il racconto straboniano sia da respingere? Alcuni critici, quali Hans Gottschalk, ritengono di sì e suppongono che la fonte della menzogna possa essere Apellicone che, per mascherare furti di libri, avrebbe inventato la storia della cantina di Scepsi[33]. Eppure, la menzione di Apellicone nel catalogo di Tolomeo al- Gharīb (Ptol. al- Gharīb, 97-99 Rashed) induce a maggiore prudenza: forse davvero esisteva un fondo librario a Scepsi, acquisito da Apellicone, che giunse tramite Silla in Italia e fu in parte responsabile della rinascita dell’aristotelismo nel I sec. a.C.; questo, però, poteva non essere l’unico fondo contenente opere di Aristotele (e Teofrasto)[34]. Come (molte del)le opere teofrastee erano con ogni verosimiglianza consultabili in vari luoghi, inclusa la biblioteca di Alessandria[35], così anche le opere aristoteliche, essoteriche ed esoteriche, potevano avere una circolazione ampia. Certo, alcune opere esoteriche non dovevano essere facili da reperire (alcune potevano essere contenute nella sola cantina di Scepsi), ma questo non impedisce di pensare che ci fosse una circolazione policentrica (Rodi, Alessandria, Atene, forse l’Italia meridionale e Pergamo) degli scritti di Aristotele: questa conclusione può reggere sia che si sottoscriva la tesi di (Ateneo e) Rashed, secondo cui ad Alessandria c’era pressoché interamente il corpus aristotelico, sia che si ammetta che ad Alessandria vi fosse una collezione meno completa[36].
Aristotele nell’Italia del I sec. a.C.: Cicerone, Tirannione e (?) Andronico da Rodi
A questo punto, se ci si concentra sull’Italia, possono trovare una collocazione le testimonianze rintracciate nelle opere ciceroniane[37]. Cicerone, da quello che possiamo leggere nelle sue opere, di Aristotele conosce e ammira le opere essoteriche (prime tra tutte, il Protrettico alla base del suo Hortensius e la Τεχνῶν συναγωγή probabilmente citata già nel secondo proemio del De inventione: Cic. inv. 2, 6-7), ma a volte menziona anche alcune opere esoteriche. Nel De oratore (ambientato nel 91 ma scritto nel 55 a.C.), Antonio parla non solo della Τεχνῶν συναγωγή bensì anche, con ogni verosimiglianza, della Retorica aristotelica (Cic. de orat. 2, 160); i Topica aristotelici sembra che si trovassero nella biblioteca di Cicerone, benché non su tali Topica Cicerone abbia basato la composizione del proprio trattato omonimo (Cic. top. 1-5 passim; vd. BIBCIC-LET)[38]; Cicerone legge o ha almeno sentito parlare dell’Etica Nicomachea, che ritiene essere del Nicomaco figlio di Aristotele (Cic. fin. 5, 12-13) e che potrebbe essere una delle opere recentemente riscoperte da Scepsi[39], e potrebbe essere stato influenzato dalle opere esoteriche sugli animali nel De natura deorum[40]. Di opere esoteriche Cicerone parla esplicitamente in Cic. fin. 5, 12 (quando, chiamandoli libri lasciati in commentariis, le contrappone alle opere essoteriche) e, sempre nel De finibus, nel libro III: nella biblioteca di Lucullo Cicerone ha la possibilità di leggere opere esoteriche di Aristotele (Cic. fin. 3, 10; vd. BIBLUC-LET)[41].
Fermo restando che la circolazione delle opere essoteriche di Aristotele non pone problemi, la prima domanda che ci si può porre è se le opere esoteriche lette – o, quanto meno, conosciute – da Cicerone provenissero (direttamente o tramite copie) dal fondo di Apellicone giunto in Italia tramite Silla. Cicerone non è esplicito in proposito, ma l’ipotesi non si può escludere. Lucullo è il tutore di Fausto Silla, figlio del dittatore (Plu. Luc. 4, 5), nonché colui che, insieme a Murena, ha portato Tirannione in Italia (Plu. Luc. 19, 8-9): un contatto tra le biblioteche di Lucullo e di Silla è, quindi, altamente verosimile (vd. BIBLUC-LET e BIBSILL-LET). Inoltre, Cicerone conosce personalmente Fausto Silla e la sua biblioteca: sulla base di Cic. Att. 4, 10, 1 si è addirittura pensato che Cicerone abbia comprato all’asta la biblioteca sillana (cf. anche Plu. Cic. 27, 6 e BIBCIC-LET), ma, più probabilmente, nell’epistola ad Attico si fa riferimento a visite al fondo passato in mano a Fausto[42]. D’altra parte, stante il policentrismo della circolazione ellenistica delle opere aristoteliche, non si possono neanche tralasciare altre ipotesi: ad esempio, che Lucullo abbia acquisito tali opere, insieme a innumerevoli altre, durante le sue razzie in Asia Minore nel corso della Guerra Mitridatica (vd. BIBLUC-LET) o che Attico stesso possieda opere esoteriche di Aristotele (del quale egli ha l’imago: cf. ancora Cic. Att. 4, 10, 1 e BIBATT-LET).
Un’ulteriore questione è se Cicerone leggesse le opere aristoteliche dopo la revisione che, stando a Strabone e Plutarco, del testo aveva fatto Tirannione[43] e/o a seguito del lavoro di catalogazione di Andronico da Rodi.
Cicerone, che conosce Tirannione fin dal 59 a.C. (Cic. Att. 2, 6, 1) e che stima al punto da fargli tenere lezioni presso la propria casa (Cic. ad Q. fr. 2, 4, 2), lo assume con il compito di ordinare la propria biblioteca (Cic. Att. 4, 4a, 1; vd. BIBCIC-LET)[44]: rimane tanto soddisfatto del lavoro (Cic. Att. 4, 8, 2) da suggerire Tirannione al fratello Quinto, che ha un’esigenza simile, anche se poi questo nuovo impegno non si concretizzerà (Cic. ad Q. fr. 3, 4, 5; Cic. ad Q. fr. 3, 5, 6). Cicerone parla di Tirannione ancora negli anni successivi (cf. Cic. Att. 12, 2, 2; Cic. Att. 12, 6, 2), ma non fa mai menzione del suo lavoro sulla biblioteca di Aristotele[45] né nomina Andronico: questo silenzio, alla luce dell’attenzione di Cicerone nei confronti dei commentarii aristotelici, della sua conoscenza personale con Lucullo e Fausto Silla e della sua stima nei confronti di Tirannione come ordinatore e restauratore di biblioteche, è quanto meno sospetto ed è considerato da molti critici al pari di una prova: probabilmente, soltanto dopo la morte di Cicerone Tirannione opera sulla biblioteca di Aristotele passata nelle mani di Silla[46].
Ciò porterebbe a pensare come conseguenza, contro i sostenitori di una datazione alta di Andronico da Rodi, che la sua attività sulle opere di Aristotele sia da collocarsi a partire dalla fine degli anni 40 a.C.[47]
Da una parte, questo è compatibile con la cronologia di Strabone, il quale, vissuto a cavallo tra I sec. a.C. e I sec. d.C., “fa filosofia con” Boeto di Sidone, esegeta delle Categorie e a sua volta allievo (e, forse, successore: si veda infra, n. 52) di Andronico (Str. 16, 2, 24; Philop. Comm. Categ., in CAG 13,1, p. 5, 16-20 Busse). Dall’altra, ciò collima con una fonte araba che, benché nota da molti anni, solo di recente è stata portata all’attenzione degli studiosi di Aristotele: si tratta di un passo di al-Fārābī citato dal bio-bibliografo arabo Ibn Abī ʿUṣaibiʾa (Ibn Abī ʿUṣaibiʾa, ʿUyūn al-anbā’, pp. 447-448 Perkams 2019)[48]. Secondo questa fonte, che certamente ha un originale greco alla base, Andronico è scolarca del Liceo ad Alessandria, dove la filosofia aristotelica ha preso piede fin dalla morte del maestro[49], al tempo di Cleopatra. Augusto, ispezionando la biblioteca di Alessandria alla morte di Cleopatra[50], vi trova copie antiche di libri aristotelici[51]: ordina ad Andronico di ordinarle e di prepararne, a sua volta, copie da portare a Roma e copie da lasciare ad Alessandria; infine, Andronico segue Augusto a Roma, ma lascia un maestro di filosofia anche ad Alessandria, cosicché l’insegnamento sia in entrambe le città. La testimonianza di al-Fārābī dà ragione alla notizia riportata dai commentatori di Aristotele, che spesso sono stati ritenuti inaffidabili su questo punto, per cui Andronico sarebbe l’undicesimo scolarca del Liceo (Ammon. Comm. Interpr., in CAG 4,5, p. 5, 24-29 Busse; Elias (olim David) Comm. Categ., in CAG 18,1, p. 117, 20-25 Busse)[52]. Soprattutto, corrobora una datazione bassa di Andronico da Rodi e permette di stabilire che le sue sedi di attività sono state sia Alessandria (sede di numerosissime opere aristoteliche, teste Ateneo) sia Roma (dove è giunto il fondo di Scepsi, come raccontano Strabone e Plutarco, e dove lavora Tirannione): essendo lui oriundo di Rodi, altro luogo privilegiato per gli scritti aristotelici, Andronico ha a disposizione l’intero corpus aristotelico del suo tempo. Frutto del suo lavoro, molto verosimilmente, non è un’edizione delle opere di Aristotele e Teofrasto, come si è spesso ritenuto in passato, bensì una sorta di “catalogo per argomenti”, un pinax in almeno cinque libri (Ptol. al- Gharīb 100 Rashed), in cui divide per temi i trattati di Aristotele e Teofrasto, dando loro i titoli a suo parere corretti e discutendo della loro autenticità, della divisione in libri e brevemente del loro contenuto (un indizio in tal senso è fornito da Porph. Plot. 24; cf. anche, e.g., Ammon. Comm. Interpr., in CAG 4,5, p. 5, 24-29 Busse)[53].
Dopo Andronico (fino alla fine del II sec. d.C.)
Dopo la catalogazione andronicana, a partire dalla fine del I sec. a.C., le opere di Aristotele nella loro interezza si diffondono in numerose città dell’impero romano: come testimonianza della loro diffusione, basti pensare a Lucian. Vit. Auct. 26, in cui si ha piena coscienza delle opere sia essoteriche sia esoteriche di Aristotele e se ne fa ironia[54]. Si prenderanno brevemente in considerazione qui di seguito Roma, Alessandria e Atene, per le quali le testimonianze sono più abbondanti e sicure, ma anche in città più piccole, per esempio Afrodisia in Caria, è possibile che ci fosse nel II sec. d.C. una certa tradizione di studi filosofici aristotelici[55].
A partire dal I sec. d.C., poi, iniziano ad essere d’aiuto i papiri[56]: come anticipato, i papiri di I-II sec. d.C. contenenti Costituzione degli Ateniesi ed estratti della Politica (citati supra, n. 20) testimoniano la circolazione di tali opere in area egizia. Inoltre, dalle sabbie dell’Egitto sono emersi papiri di II sec. d.C. con frammenti o citazioni da opere essoteriche quali Protrettico (P.Oxy. IV 666, LDAB 396) e De poetis (P.Oxy. XLV 3219, LDAB 3795); più significativamente, si trovano papiri contenenti opere esoteriche quali Topica (P.Ryl. III 510r + P.Giss.Univ. IV 40r, LDAB 394), Etica Nicomachea (P.Oxy. XXIV 2402, LDAB 395) e Historia animalium (P.Rein. II 80, LDAB 397)[57]. Né va trascurato che svariate opere, soprattutto l’Historia animalium e le Costituzioni, figurano in glossari e commenti ad autori come Omero, i lirici e Callimaco. Per limitarci alle testimonianze più nitide, l’Historia animalium, usata come auctoritas in P.Lond.Lit. 181 (LDAB 462), di I o inizio II sec. d.C., contenente un commento agli Aitia di Callimaco, è citata in un commento papiraceo all’Odissea del II sec. d.C. (P. Yale II 128, LDAB 1732) e figura, insieme forse alle Aporie omeriche, in un coevo commento all’Iliade (P.Oxy. II 221, LDAB 1631)[58]. Per quanto riguarda le Costituzioni, un glossario di parole in alfa del II sec. d.C. (P.Oxy. XVII 2087, LDAB 4806) usa materiale dalla Costituzione degli Ateniesi[59]; P.Oxy. XXIV 2389 (LDAB 180), commento ad Alcmane di I sec. d.C., pare conservare tracce della Costituzione degli Spartani; la Costituzione dei Parii è citata in PSI XI 1219 (LDAB 498), commento papiraceo di II sec. d.C. agli Aitia di Callimaco[60]. In questo contesto, merita un cenno il papiro del cosiddetto “Anonimo di Londra” (P.Br.Libr. inv. 137), databile al I-II sec. d.C., in cui sono citati il De somno, parte dei cosiddetti Parva naturalia, e una dossografia di argomento medico che l’anonimo autore considera aristotelica e che più tardi sarà ricondotta a Menone[61].
A Roma, dove verosimilmente opera Andronico in una fase avanzata della propria vita e dove nell’età del primo impero continuano a operare filosofi peripatetici (basti pensare ad Alessandro di Ege, tra gli istitutori di Nerone) e filosofi stoici attenti all’aristotelismo (tra tutti, spicca Anneo Cornuto, di età neroniana)[62], le copie dei manoscritti che si trovano ad Alessandria e (copie de)i manoscritti provenienti dal fondo di Scepsi, con ogni probabilità, finiscono nelle biblioteche pubbliche via via costruite per volontà imperiale: nelle biblioteche del Palatino, per esempio, è ben possibile che ancora fino al grande incendio del 192 d.C. si trovassero rari manoscritti aristotelici e teofrastei, secondo le testimonianze di Galen. Indol. 16-17 Manetti e Galen. Indol. 17 Boudon-Millot – Jouanna (vd. BIBPAL-LET)[63]. D’altra parte, sempre Galeno (Galen. Indol. 14-15 Boudon-Millot – Jouanna) afferma che opere di Aristotele, di Teofrasto e del primo Peripato si trovavano anche nella sua biblioteca privata a Roma, andata in fumo nel 192[64]: anche varie altre biblioteche private nella capitale dell’Impero e in Italia dovevano, dunque, contenere scritti aristotelici.
Se consideriamo Alessandria, lì continua a essere attiva la tradizione dello studio delle opere di Aristotele: preziosa testimonianza al riguardo è un passo di Cassio Dione secondo cui Caracalla caccia da Alessandria i filosofi peripatetici (D. C. 78, 7, 3). Anzi, è proprio nell’ambiente alessandrino che, secondo Rashed, tra II e III sec. d.C. viene scritto il catalogo delle opere aristoteliche a noi giunto solo tramite mediazione araba[65].
E, ancora in età severiana, ad Atene[66], dove Marco Aurelio istituisce cattedre di filosofia, inclusa la filosofia aristotelica (D. C. 72, 31, 3; Philostr. VS 2, 2, pp. 566-567 Olearius), insegna e opera Alessandro di Afrodisia (Alex. Aphr. Fat., in CAG suppl., 2,2, p. 164, 3-15 Bruns; Inscr. Aphr. 4, p. 388 Chaniotis 2004b)[67], prolifico esegeta dei trattati aristotelici e capostipite dei grandi commentatori neoplatonici tardo-antichi sul testo di Aristotele.
Bibliografia di riferimento: Düring 1976, pp. 43-54; Gottschalk 1987, pp. 1083-1097; Barnes 1997; Moraux 2000, pp. 13-101. Più recentemente, cf. Dix 2004; Sharples 2010; Tutrone 2013; Dietze-Mager 2015a; Staikos 2016 (di carattere divulgativo); numerosi saggi raccolti in Falcon 2016 (soprattutto, Hatzmichali 2016); Falcon 2017, pp. 1-77; la sintesi di Corradi 2018; l’edizione critica da parte di Rashed 2021 di Tolomeo al Gharīb, con amplissima introduzione; Hatzmichali 2023.
Per un tentativo recente, a partire dalla biografia di Aristotele e dalle citazioni all’interno delle sue opere, di ricostruire la sua “biblioteca virtuale”, cioè che cosa, al di là dei suoi stessi scritti, fosse contenuto nella sua biblioteca (dai poemi omerici ai dialoghi platonici ai manuali di retorica), cf. Staikos 2016, pp. 244-257. ↑
Sul passaggio della biblioteca da Aristotele a Teofrasto, cf. Dix 2004, p. 61 (con bibliografia precedente); sottolinea l’anello intermedio di Nicomaco, da ultimo, Rashed 2021, pp. ccli-cclii. ↑
Per una sintesi su Neleo cf. Dix 2004, pp. 61-62, e soprattutto Corradi 2018: l’opinione secondo la quale Neleo fosse lo scolarca designato è la più diffusa tra gli studiosi, mentre le spiegazioni concorrenti possono essere ricondotte a Gottschalk 1972, pp. 336-337, e Drossaart Lulofs 1999. Cf. anche la nota seguente. ↑
Strabone e Plutarco non specificano i motivi: la critica ha pensato, fondamentalmente, a un risentimento per la mancata nomina a scolarca del Peripato o al desiderio di fondare una scuola a Scepsi; è stato anche scritto (e ripreso in studi recenti, come Tanner 2000 e Canfora 2022) che Teofrasto, nell’affidare i libri a Neleo, desiderasse che essi fossero portati via da Atene per sottrarli alla brama di Tolomeo II o a causa delle vicissitudini politiche che la città stava attraversando. ↑
Sulla razzia di libri da parte di Silla siamo informati anche grazie a Lucian. Adv. indoct. 4. Bersaglio di Luciano è un incolto che spera di mascherare la propria rozzezza accaparrandosi tanti libri: eppure, se anche possedesse l’opera omnia di Demostene, il manoscritto demostenico delle opere di Tucidide e tutti i libri provenienti da Atene mandati da Silla in Italia, a nulla ciò gli gioverebbe. Quand’anche qui si alluda alla biblioteca di Apellicone (dato già di per sé indimostrabile), pace Canfora 2022, non siamo autorizzati a pensare che le opere di Demostene e Tucidide citate fossero contenute in quel fondo, visto che Luciano sta facendo tre exempla distinti in un crescendo di paradossalità. ↑
Sono state fatte le ipotesi più disparate, da una lacuna nel testo di Strabone (e.g., Barnes 1997, pp. 19-20, e Tutrone 2013, p. 162), alla mancanza di interesse per la conclusione della storia, all’omissione intenzionale (cf., per esempio, Chroust 1962, pp. 62-67). ↑
Sull’esaltazione di Tirannione da parte di Strabone cf. soprattutto Schubert 2002. ↑
Olson 2007 non accetta l’integrazione del nome di Teofrasto: in questo modo, Neleo avrebbe acquisito i libri di Aristotele e di coloro che sono stati nominati prima di lui, in primis Euripide, e bisognerebbe dare conto in qualche modo almeno del rapporto tra Neleo e la biblioteca del tragediografo. Tuttavia, alla luce del testamento di Teofrasto (Diog. Laert. 5, 52) e dei brani di Strabone e Plutarco appena considerati, in cui è esplicito che Neleo ha ereditato la biblioteca di Teofrasto nella quale era presente anche quella di Aristotele, mi sembra che l’integrazione congetturale del nome di Teofrasto sia necessaria ed economica: la caduta di καὶ Θεόφραστον sarebbe spiegabile per semplice saut du même au même a causa del precedente τὸν φιλόσοφον. Per una difesa della congettura, che anche nella recentissima edizione di Olson 2024 non figura a testo, cf. Dietze-Mager 2015a, pp. 99-100 n. 9. ↑
Cf., per esempio, McAdon 2006, p. 102 n. 7, e i più divulgativi Casson 2001, p. 152, e Staikos 2016, pp. 264-265. ↑
Gli stessi Düring 1976, p. 47, e Irigoin 1994, pp. 52-53, ventilano questa ipotesi, ma cf. soprattutto Canfora 1986 (pp. 39-43 e 201-211), e 1999; cf. recentemente anche Jacob 2013, pp. 66-76 e 78-81, Montana 2012, pp. 74-76, e 2014, pp. 167-170; per ulteriore bibliografia su questo punto, rimando a Corradi 2018. ↑
Nelle parole già di Chroust 1962, p. 56. ↑
Sull’importanza dell’impulso peripatetico per la costituzione di Museo e biblioteca di Alessandria (recepita anche nel divulgativo Casson 2001, pp. 28-29) cf. già Fraser 1972, pp. 312-316 e 320, e Richardson 1994; si veda ora Montana 2015, pp. 76-78 e passim, con ampia bibliografia precedente (icastico Nagy 1998, p. 190: «It is the prestige of the classics that drives the continuum from, say, the Lyceum to the Museum»). Nella storia degli studi il ruolo di mediazione di Demetrio Falereo tra aristotelismo e alessandrinismo era messo in dubbio da Pfeiffer 1968, pp. 95-104; Pfeiffer stesso, tuttavia, non può negare in toto il ruolo del Peripato come base delle istituzioni culturali alessandrine. Sull’importanza di Demetrio Falereo cf. specialmente Montanari 2000; Tracy 2000; Montanari 2012. ↑
Le edizioni critiche di riferimento delle tre liste antiche di Aristotele sono, rispettivamente, Dorandi 2013, pp. 357-362, per la lista diogeniana, Dorandi 2006 per la lista nella Vita Hesychii e Rashed 2021 per la lista in traduzione araba. Si rimanda a tali edizioni per i testi delle liste, molto lunghe e complesse, che in questo portale non saranno riportate e su cui ci si limiterà ad alcuni brevi cenni. ↑
Si veda Sollenberger 1984, pp. 25-35, con raccolta delle fonti e bibliografia precedente. ↑
Si precisa che la lista contenuta nella Vita Hesychii (detta Vita Menagiana dal nome del suo editore) contiene un’appendice successiva e che nulla ha a che fare con la lista diogeniana. ↑
A partire da Düring 1956; di recente, e.g., Pajón Leyra 2013 e Hatzmichali 2021 fondano i loro studi su questa tesi. ↑
Cf. Keaney 1963, pp. 58-63, che difende le tesi di Moraux 1951. L’ipotesi ateniese, che ha trovato sostenitori in Lynch 1972 e Dix 2004, è stata ultimamente rilanciata da Rashed 2021, pp. cccxxiii-cccxxxi. È stato anche proposto che la lista diogeniana sia l’elenco delle opere portate da Neleo a Scepsi (Lord 1986), ma l’ipotesi di un simile lavoro pinacografico a Scepsi è di per sé poco verosimile e non ha praticamente trovato sostenitori. Altre ipotesi, puramente congetturali e senza riscontri (ad esempio, che la lista rifletta l’elenco delle opere aristoteliche rimaste ad Atene al tempo della sua fuga a Calcide o il catalogo della biblioteca di Pergamo), non saranno prese in considerazione. ↑
In primo luogo, tra le opere etiche di Aristotele manca l’Etica Nicomachea; le opere etiche sono, invece, divise in “Grandi”, corrispondenti ai Magna Moralia, e “Piccole”, corrispondenti, secondo quanto Tolomeo stesso scrive, all’Etica Eudemea. Si tratta di un’opposizione binaria che non tiene conto di una terza opera etica, che, secondo Rashed, al tempo della redazione di questo catalogo si trovava a Scepsi e che, una volta venuta alla luce, è stata chiamata Etica Nicomachea dal nome di Nicomaco, figlio di Aristotele, possessore delle opere aristoteliche prima di Teofrasto (sulla menzione ciceroniana dell’opera cf. infra, n. 39). In secondo luogo, desta stupore la menzione di una Metafisica in 13 libri: incrociando questo dato con quello proveniente da altri cataloghi, è possibile pensare che in età alessandrina esistesse effettivamente tale opera (di ambiente rodiese e finita poi ad Alessandria) e che, invece, una Metafisica in 10 libri fosse confinata a Scepsi; una volta venuta alla luce, si sarebbe prodotta la Metafisica in 14 libri, che ci è familiare e che, com’è noto, contiene due redazioni del primo libro (A/α). Gli altri elementi individuati da Rashed riguardano le opere logiche – ad esempio, com’è possibile che Tolomeo menziona senza nessun problema il De interpretatione se Andronico lo riteneva spurio (Ammon. Comm. Interpr., in CAG 4,5, p. 5, 24-29 Busse)? – e il De caelo. Per una trattazione completa cf. Rashed 2021, pp. ccxlvi-ccxcviii; dubbi sulla dipendenza di Tolomeo al-Gharīb da Andronico già in Dietze-Mager 2015a, pp. 151-158. ↑
Cf. ancora Rashed 2021, pp. ccxxxv-cccii; la tesi è stata giudicata persuasiva anche da Falcon 2021. ↑
Purtroppo, nel caso di Aristotele i papiri sono poco utili. Non sono mancati tentativi di rintracciare opere aristoteliche o citazioni da opere aristoteliche anche in papiri risalenti al III sec. a.C. (cf. P.Hamb. II 128, LDAB 4022; P.Lond.Lit 112 = P.Petr. I 9, LDAB 403; P.Hib. II 172, LDAB 3535). Ultimamente, Auffret 2019 ripropone la tesi secondo cui P.Ai Khanum (LDAB 7026), sempre databile al III sec. a.C. e il cui contenuto è rimasto fortunosamente impresso su alcuni frammenti di argilla rinvenuti nel 1977 ad Ai Khanum (Afghanistan) e oggi dati come perduti, contenesse il secondo libro del dialogo di Aristotele Sulla filosofia; l’ipotesi, però, non è accolta nel Corpus dei Papiri Filosofici Greci e Latini (CPF) II.1* 2019, pp. 3-13. I più antichi papiri finora ritrovati che contengono, con maggiore margine di verosimiglianza, opere di Aristotele sono il celebre P.Lond.Lit 108 di I-II sec. d.C. (LDAB 391) con la – quasi certamente aristotelica – Costituzione degli Ateniesi e il coevo P.Brux. inv. E 8073 + P.Mich. inv. 6643 (LDAB 393), con estratti dalla Politica. In tempi recenti è stato detto (Privitera 2012, pp. 135-136) che un papiro di I sec. a.C. potrebbe preservare parti della Retorica, ma se ne attende la pubblicazione. Per un quadro complessivo e sintetico sui papiri aristotelici cf. Privitera 2012. ↑
Di riferimento al riguardo sono Düring 1976, pp. 43-47; Barnes 1997, pp. 12-16 (in generale, su Barnes 1997 si basa Sharples 2010, 24-30); Frede 1999, pp. 772-776; Moraux 2000, pp. 25-27; Falcon 2017, pp. 3-25. ↑
Cf. Dorandi 2002, in particolare p. 47. ↑
Cf. Pajón Leyra 2013. ↑
Su Critolao e il carattere fondamentalmente anti-filologico del Peripato nel II sec. a.C. cf. soprattutto Hahm 2007 e Chiaradonna 2012, pp. 85-86; utile la rassegna di Lefebvre 2016. ↑
Incidentalmente, sappiamo che Stratone di Lampsaco conosce i Topica (Alex. Aphr. In Top., in CAG 2,2, p. 340, 3-4 Wallies). ↑
Sul valore della testimonianza filodemea cf. i contributi di Verde 2016 (in particolare, pp. 36-40) ed Erbì 2020, pp. 247-249, ai quali si rimanda per una riflessione generale sull’influsso di Aristotele su Epicuro e l’epicureismo. Anche i primi stoici potrebbero aver avuto accesso alle opere aristoteliche di scuola ed esserne stati influenzati, benché manchino testimonianze esplicite in tal senso: dopo il salutare scetticismo espresso al riguardo da Sandbach 1985 (che analizza tutti i passi salienti e passa in rassegna la bibliografia precedente), un quadro d’insieme recente si trova in Bénatouïl 2016 e Falcon 2017, pp. 9-14. ↑
Cf. già Blum 1991, pp. 52-64, che molto valorizza la testimonianza di Ath. 1, 3a-b e ipotizza, probabilmente a ragione (cf. infra), che lo stesso Andronico da Rodi operi ad Alessandria. ↑
Hatzmichali 2021, che, comunque, ritiene che il catalogo di Diogene Laerzio sia di origine alessandrina. Parte di questa epitome si trova anche in P.Lond.Lit. 164 (LDAB 390), papiro di II/III sec. d.C. ↑
Cf. soprattutto Richardson 1994; nello stesso volume, di avviso diverso è Irigoin 1994. Cf. anche la bibliografia citata supra, n. 12. ↑
Per la datazione, cf. Cens. 4, 3, con le recenti note di Freyburger 2019, pp. xxxi-xxxiv e 64; Ulacco 2016, pp. 210-215, propone una datazione più tarda. Quanto alla conoscenza diretta di Aristotele da parte di Ocello, Sandbach 1985, pp. 63-64, si mostra alquanto scettico e pensa a fonti intermedie. Sulla diffusione di Aristotele nei trattati pseudo-pitagorici quali Ocello e l’ancor più sfuggente ps.Archita (che conosce le Categorie), si vedano Ulacco 2016 e Falcon 2017, pp. 62-66. ↑
Falcon 2017, pp. 76-77, che riprende una tesi di Michael Griffin e a cui rimando per bibliografia precedente. ↑
Su una circolazione pergamena delle opere di Aristotele, cf. già Grayeff 1974, pp. 69-85, e, più recentemente, Nagy 1998, pp. 215-216, e Kosmetatou 2003: è doveroso sottolineare, tuttavia, che mancano dati testuali sicuri che connettano le opere aristoteliche con Pergamo; fa eccezione la notizia straboniana secondo cui i re di Pergamo non sarebbero riusciti a impossessarsi degli scritti di Aristotele (il Cordilione, per esempio, potrebbe aver letto e commentato le Categorie a Roma). ↑
Cf. Gottschalk 1972, pp. 338-342 (e 1987, pp. 1084-1086); sulla falsificazione o, comunque, sulla forte tendenziosità di Strabone cf. più recentemente e.g. Lindsay 1997, Drossaart Lulofs 1999 e Schubert 2002. ↑
Con molta chiarezza cf. Tutrone 2013, p. 161: «It is fruitless to concentrate all our attention on the ups and downs of this particular library [sc. Scepsis’ library], as if it were the only source of the Aristotelian textual tradition. Instead we should perhaps consider the vicissitudes of this precious book collection critically, seeing it as just one of several sources which played a role in the diffusion of Peripatetic writings through the ancient world». ↑
Per fare un esempio, ricordiamo che Filodemo di Gadara conosce e cita l’Oeconomicus di dubbia paternità, ma che il filosofo epicureo attribuisce con certezza a Teofrasto. D’altra parte, di Teofrasto non mancano papiri già della prima età ellenistica che testimonino la circolazione delle sue opere. ↑
Primavesi 2007, in particolare, si basa sulla numerazione dei libri degli scritti aristotelici per dimostrare che alcune opere avevano effettivamente circolazione in età ellenistica, specie in ambiente alessandrino, mentre altre no. Sul policentrismo degli scritti aristotelici cf., già nel XIX secolo, Shute 1888, pp. 43-45; un quadro generale sulla decentralizzazione delle scuole filosofiche nel II e soprattutto nel I sec. a.C. si trova in Sedley 2003. ↑
Ci si soffermerà qui sulle testimonianze principali: per studi complessivi più dettagliati, cf. Barnes 1997, pp. 44-59 (utile anche Wisse 1989, pp. 152-158); Dillon 2016; Hatzmichali 2023, pp. 493-496. ↑
Su questo testo e sulla complessa questione riguardante quali Topica Cicerone avesse in biblioteca e come modello, cf. Reinhardt 2003, pp. 177-180. Sui Topica aristotelici e il pensiero filosofico-retorico di Cicerone cf. anche Long 1995, pp. 52-58, il quale tuttavia non è certo che Cicerone leggesse Topica (e Retorica) di prima mano. ↑
Secondo il recente studio di Sloan 2010, addirittura, l’opera aristotelica sarebbe nota già al Cicerone del De inventione. Al di là di questo, la menzione ciceroniana esplicita dell’Etica Nicomachea è molto importante perché il titolo di quest’opera non compare in nessun catalogo antico degli scritti di Aristotele, tranne che nell’appendice alla vita Hesychii; d’altra parte, sappiamo che l’opera sarà usata alla fine del I sec. a.C. dai filosofi Boeto di Sidone e Senarco di Seleucia (Falcon 2017, p. 39) e da Didimo, forse identificabile con Ario di Alessandria, autore di un’epitome di etica aristotelica (Tsouni 2016, p. 130; cf. anche infra, n. 53). Secondo l’ipotesi di Marwan Rashed (cf. supra, n. 18), l’Etica Nicomachea è proprio una delle (poche) opere aristoteliche sparite del tutto in età ellenistica e ricomparse nel I sec. a.C. con la scoperta del fondo di Scepsi (Rashed 2021, pp. ccxlvi-cclviii). ↑
Sulla zoologia aristotelica e il De natura deorum di Cicerone cf. anche Tutrone 2013, pp. 154-155. ↑
Va detto che, come Cicerone, possono aver avuto accesso direttamente alle opere esoteriche di Aristotele altri autori coevi, quali Filodemo, già citato supra, e Lucrezio (cf. Tutrone 2013, pp. 152-156 e Hatzmichali 2023, p. 494): nell’assenza di testimonianze dirimenti, però, può restare il sospetto che tutti questi autori abbiano conosciuto il pensiero di Aristotele tramite fonti indirette. Un problema simile, qualche decennio dopo, si porrà anche per Orazio, soprattutto in riferimento all’Ars poetica, la quale, peraltro, sembra fortemente influenzata dai trattati poetici di Filodemo (vd. BIBERC-LET e la bibliografia lì citata sulle fonti dell’Ars). ↑
Cf. Shackleton Bailey 1965 per l’idea che Cicerone abbia acquisito la biblioteca di Silla; contra cf. e.g. Dix 2004, pp. 68-69 e, con maggiore decisione, Tutrone 2013, pp. 164-165, e Dix 2013, pp. 215-216. ↑
Un trattato di Tirannione sugli accenti è stato usato in passato come prova del fatto che Tirannione non conoscesse la Retorica di Aristotele, ma questa idea è stata smentita (cf. già Wisse 1989, pp. 154-155). ↑
Cicerone chiede ad Attico due librarii perché collaborino con Tirannione in qualità di glutinatores (verosimilmente, per sistemare i rotoli danneggiati) e per la realizzazione di “etichette” pergamenacee che illustrino il contenuto dei rotoli. Sui rapporti tra Cicerone e Tirannione cf. ora Johnson 2012. ↑
A meno di non credere, come Johnson 2012, pp. 472-477, che il termine mens in Cic. Att. 4, 8, 2 (postea vero quam Tyrannio mihi libros disposuit, mens addita videtur meis aedibus) alluda al ruolo che Tirannione ha già avuto nell’ordinare la biblioteca di Aristotele, egli stesso chiamato Νοῦς da Platone. Ma quand’anche mens si riferisca a Tirannione o ad Aristotele e non a un semplice (e plausibile) principio razionale ordinatore, sembra difficile che Cicerone si limiti a cenni così poco perspicui se davvero il “suo” Tirannione avesse lavorato intensamente sulla biblioteca di Aristotele. ↑
Cf. soprattutto Barnes 1997, pp. 17-18. ↑
Per citare due fra i critici più acuti della tradizione aristotelica della seconda metà del secolo scorso, legato alla datazione alta di Andronico (prima metà del I sec. a.C.) è Paul Moraux (cf. e.g. Moraux 2000, p. 66) e alla datazione bassa (seconda metà del I sec. a.C.) è Ingemar Düring (cf. e.g. Düring 1976, p. 52). ↑
Cf. Strohmaier 1987 e, in particolare, Perkams 2019. Negli ultimi anni, grande fiducia ad al-Fārābī è stata data da Rashed 2021, mentre Falcon 2021 rimane più scettico. ↑
In al-Fārābī manca la menzione di un “trasferimento della filosofia” da Atene ad Alessandria: tuttavia, un suo contemporaneo, al-Masʿūdī, che sembra indipendente, parla della translatio della filosofia peripatetica da Atene ad Alessandria omettendo però, poi, la menzione di Andronico (al-Masʿūdī, Kitāb at-tanbīh wa-l ʾišrāf, p. 451 Perkams 2019). Come afferma Perkams 2019, pp. 450-452, è assai probabile che i due abbiano tratto materiale dalla stessa fonte, selezionando ciò che più interessava loro. ↑
Sull’equivoco per cui Augusto avrebbe ucciso Cleopatra, rimando ancora a Perkams 2019, p. 453. ↑
Evidentemente, l’incendio di Alessandria del 48 a.C., qualora abbia interessato la biblioteca vera e propria (la questione, assai delicata, esula dagli argomenti di questa scheda), non deve aver arrecato danni al fondo delle opere aristoteliche. ↑
È vero che anche per Boeto di Sidone è riportata la stessa notizia (Ammon. Comm. Anal. Prior., in CAG 4,6, p. 31, 11-15 Wallies): questa incongruenza, in realtà, si può facilmente spiegare se ammettiamo che Ammonio una volta abbia contato Aristotele e una volta no (e Boeto sarebbe così successore di Andronico). ↑
Cf. soprattutto Hatzmichali 2013, pp. 11-27, e 2016 (sintesi in Hatzmichali 2023, pp. 492-493) per il ruolo non di editore bensì di catalogatore da parte di Andronico; cf. anche Dietze-Mager 2015a, pp. 145-157 e Dietze-Mager 2015b. Ovviamente, si può discutere se già ad Alessandria (e Rodi) Andronico leggesse la maggior parte delle opere aristoteliche o se, invece, molti trattati gli siano divenuti noti solo a Roma, una volta a contatto con il fondo di Scepsi tramite Tirannione. Un’altra questione, intrecciata alla precedente, è se egli sia stato davvero il responsabile dell’ordinamento delle opere aristoteliche giunte fino a noi; può, invece, essersi semplicemente limitato ad aggiungere qualcosa a un catalogo che, nelle sue linee generali, esisteva già ad Alessandria e sarebbe a noi testimoniato dalla lista di Tolomeo al-Gharīb. In ogni caso, al di là di Andronico e più o meno indipendentemente da lui, sulle opere aristoteliche potevano agire ad Alessandria altri filosofi del I sec. a.C. la cui cronologia è in discussione, quali il platonico Eudoro, esegeta delle Categorie e lettore della Metafisica, Aristone di Alessandria, allievo di Antioco di Ascalona passato all’aristotelismo, e il Didimo autore dell’estratto Sull’etica (cf. supra, n. 39), forse identificabile con Ario di Alessandria. Come si capisce bene, si tratta di questioni complesse, recentemente ridiscusse in Falcon 2017, Rashed 2021 e, sinteticamente, in Falcon 2021. ↑
Come sottolinea Chiaradonna 2012, ciò non implica che si diffonda immediatamente un approccio filologico al testo aristotelico: vi sono, infatti, filosofi aristotelici fino al II sec. d.C. che sembrano continuare la tradizione “dialettica” del Peripato ellenistico e si possono rintracciare vari esempi di filosofi, quali lo stesso Plutarco, che privilegiano le opere essoteriche e, per quanto riguarda quelle esoteriche, sembrano usare (soprattutto, pur non esclusivamente) compendi. ↑
Adrasto di Afrodisia (prima metà II sec. d.C.) è uno degli studiosi peripatetici più in vista del suo tempo, autore tra l’altro di un trattato sull’ordinamento degli scritti di Aristotele; poi, oltre al celebre Alessandro di Afrodisia (cf. infra), si potrebbe menzionare il suo stesso padre (cf. Sharples 2005, pp. 53-56). ↑
Per un rapido sguardo sui papiri menzionati in queste note e su altri, più dubbi o successivi al II sec. d.C., rimando ancora a Privitera 2012; per un’analisi dettagliata, si vedano, a firma di numerosi studiosi, Corpus dei Papiri Filosofici Greci e Latini (CPF) I.1*, pp. 251-395, e Commentaria et Lexica Graeca in Papyris reperta (CLGP) I 1.4, pp. 243-272. ↑
Va segnalato che sono stati rinvenuti papiri del I e del II sec. d.C. con tracce di commenti/parafrasi ai Topica (P.Fay. 3 = P.Lond.Lit. 180, LDAB 392; PSI IX 1095, LDAB 5252); poco plausibile è, invece, che P.Oxy. XLVII 3320 (LDAB 4814) sia un commento agli Analitici. Al passaggio tra II e III sec. d.C. si collocano, poi, altri papiri, quali P.Syrac. inv. 31 (De caelo; LDAB 9951), e P.Harr. I 2 (Categorie; LDAB 4988). ↑
Per altre citazioni dell’opera in commenti papiracei a testi poetici risalenti al II sec. d.C., cf. BKT III, pp. 27-29 = P.Berol. inv. 8439 (LDAB 4589); cf. anche, insieme alla menzione di presunti Problemi aristotelici, P.Oxy. XXXV 2744 (LDAB 4824). ↑
È discussa quale sia l’altra opera aristotelica citata nel papiro, se, ancora, l’Historia animalium o il dialogo perduto Sulla giustizia (secondo la proposta di Esposito 2005). Un altro glossario, di poco successivo (P.Oxy. XV 1802 + LXXI 4812, LDAB 5091), utilizza forse, insieme all’Historia animalium, la Costituzione dei Solii e la Costituzione dei Tessali. ↑
Dubbia è la menzione in P.Oxy. XXX 2527 (LDAB 4817), di II sec. d.C., commento a un’opera poetica, della Costituzione degli Egineti o della Costituzione degli Eni; cf. forse anche P.Oxy. X 1241 (LDAB 4636), sempre di II sec. d.C., con un possibile riferimento alla Costituzione di Pellene; altre citazioni (come in P.Oxy. LIV 3722 o in XXIX 2506) sono ancor più incerte. Ovviamente, Historia animalium e Costituzioni non sono le uniche opere aristoteliche attestate su papiro tra I e II d.C.: per esempio, il commento anonimo al Teeteto di Platone conservato in P.Berol. inv. 9782 (BKT II, pp. 3-51; LDAB 3764), di II sec. d.C., cita i Topica, e il Commento a Demostene di Didimo Calcentero (il celebre grammatico alessandrino morto in età augustea) conservato in P.Berol. inv. 9780r (BKT I, pp. 4-73, LDAB 769), databile al II/III sec. d.C., cita un epigramma di Aristotele, il cosiddetto “peana per Ermia” e i Costumi dei barbari. ↑
Alla dossografia aristotelica nel papiro londinese è dedicato, nello specifico, Manetti 1999. ↑
Sull’aristotelismo d’età neroniana cf. ora Hatzmichali 2023, pp. 497-499, con utili note sullo stesso Seneca. ↑
Cf. soprattutto Rashed 2011 e Manetti 2012, pp. 16-20; per una discussione sui paragrafi 16-17 del De indolentia di Galeno, che si riportano secondo il testo pubblicato in Manetti 2012, e ulteriore bibliografia vd. BIBPAL-LET. È, inoltre, possibile che l’opera Sulle piante di Aristotele, sconosciuta a un attento commentatore come Alessandro di Afrodisia, fosse invece nota a Nicola di Damasco, operante a Roma in età augustea, a ulteriore testimonianza della diffusione a Roma in età imperiale delle opere esoteriche di Aristotele (Rashed 2011, pp. 63-64 e 76). ↑
Galeno stesso, infine, scrive numerosi commentari a opere logiche di Aristotele, che dobbiamo immaginare fossero nella sua biblioteca (Galen. Libr. Propr., vol. 19, pp. 41, 16 – 42, 7 Kühn) e, in generale, si confronta spesso con gli scritti aristotelici al punto da scrivere che il suo trattato De usu partium è una rielaborazione del De partibus animalium di Aristotele (Galen. Libr. Propr., vol. 19, pp. 20, 17 – 21, 2 Kühn). Sulla ricezione di Aristotele in Galeno cf., recentemente, Chiaradonna 2012, pp. 107-108 e la sintesi in Hankinson 2016. ↑
Cf. Rashed 2021, pp. ccxcviii-cccii. Di certo sappiamo che l’opera di Tolomeo era nota ai commentatori aristotelici di VI sec. d.C. (Elias (olim David) Comm. Categ., in CAG 18,1, p. 107, 11-14 Busse). ↑
Si accenna soltanto al fatto che ad Atene si è formato filosoficamente Apuleio, autore platonico ma con uno spiccato interesse per l’aristotelismo (basti citare la traduzione del De mundo); sempre ad Atene sono ambientate le Noctes Atticae di Aulo Gellio, il quale menziona spesso Aristotele e cita talora verbatim estratti delle sue opere: di solito si tratta dei Problemi, ma a volte si allude a opere quali l’Historia animalium (e.g., Gell. 10, 2, 1); interessante è la testimonianza per cui nella biblioteca di Tivoli era possibile reperire e prendere facilmente in prestito libri aristotelici (Gell. 19, 5, 4). Su Apuleio, Gellio e le loro letture aristoteliche cf. da ultima Hatzmichali 2023, pp. 499-501. Sulle testimonianze gelliane relative alla biblioteca di Speusippo comprata da Aristotele (Gell. 3, 7, 13) e al presunto scambio epistolare tra Aristotele e Alessandro Magno (Gell. 20, 5, 6-10) cf. supra. ↑
Sull’iscrizione e sulle sue implicazioni sulla biografia di Alessandro di Afrodisia cf. Chaniotis 2004a (rielaborato in Chaniotis 2004b, pp. 388-389) e Sharples 2005. ↑
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Ath.+5.53&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2013.01.0001 |
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Cic. fin. 3, 10 |
Tum ille: Tu autem cum ipse tantum librorum habeas, quos hic tandem requiris? Commentarios quosdam, inquam, Aristotelios, quos hic sciebam esse, veni ut auferrem, quos legerem, dum essem otiosus; quod quidem nobis non saepe contingit. Quam vellem, inquit, te ad Stoicos inclinavisses! Erat enim, si cuiusquam, certe tuum nihil praeter virtutem in bonis ducere. |
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Cic. top. 1-5 passim |
Maiores nos res scribere ingressos, C. Trebati, et his libris quos brevi tempore satis multos edidimus digniores, e cursu ipso revocavit voluntas tua. Cum enim mecum in Tusculano esses et in bibliotheca separatim uterque nostrum ad suum studium libellos quos vellet evolveret, incidisti in Aristotelis Topica quaedam, quae sunt ab illo pluribus libris explicata. Qua inscriptione commotus continuo a me librorum eorum sententiam requisisti; quam cum tibi exposuissem, disciplinam inveniendorum argumentorum, ut sine ullo errore ad ea ratione et via perveniremus, ab Aristotele inventam illis libris contineri, verecunde tu quidem ut omnia, sed tamen facile ut cernerem te ardere studio, mecum ut tibi illa traderem egisti. Cum autem ego te non tam vitandi laboris mei causa quam quia tua id interesse arbitrarer, vel ut eos per te ipse legeres vel ut totam rationem a doctissimo quodam rhetore acciperes, hortatus essem, utrumque, ut ex te audiebam, es expertus. Sed a libris te obscuritas reiecit; rhetor autem ille magnus haec, ut opinor, Aristotelia se ignorare respondit. […] Itaque haec, cum mecum libros non haberem, memoria repetita in ipsa navigatione conscripsi tibique ex itinere misi, ut mea diligentia mandatorum tuorum te quoque, etsi admonitore non eges, ad memoriam nostrarum rerum excitarem. Sed iam tempus est ad id quod instituimus accedere. |
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https://latin.packhum.org/loc/474/42/0#0; https://latin.packhum.org/loc/474/42/0#1 |
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Str. 13, 1, 54 |
Ἐκ δὲ τῆς Σκήψεως οἵ τε Σωκρατικοὶ γεγόνασι Ἔραστος καὶ Κορίσκος καὶ ὁ τοῦ Κορίσκου υἱὸς Νηλεύς, ἀνὴρ καὶ Ἀριστοτέλους ἠκροαμένος καὶ Θεοφράστου, διαδεδεγμένος δὲ τὴν βιβλιοθήκην τοῦ Θεοφράστου, ἐν ᾗ ἦν καὶ ἡ τοῦ Ἀριστοτέλους· ὁ γοῦν Ἀριστοτέλης τὴν ἑαυτοῦ Θεοφράστῳ παρέδωκεν, ᾧπερ καὶ τὴν σχολὴν ἀπέλιπε, πρῶτος ὧν ἴσμεν συναγαγὼν βιβλία καὶ διδάξας τοὺς ἐν Αἰγύπτῳ βασιλέας βιβλιοθήκης σύνταξιν. Θεόφραστος δὲ Νηλεῖ παρέδωκεν· ὁ δ’ εἰς Σκῆψιν κομίσας τοῖς μετ’ αὐτὸν παρέδωκεν, ἰδιώταις ἀνθρώποις, οἳ κατάκλειστα εἶχον τὰ βιβλία οὐδ’ ἐπιμελῶς κείμενα· ἐπειδὴ δὲ ᾔσθοντο τὴν σπουδὴν τῶν Ἀτταλικῶν βασιλέων, ὑφ’ οἷς ἦν ἡ πόλις, ζητούντων βιβλία εἰς τὴν κατασκευὴν τῆς ἐν Περγάμῳ βιβλιοθήκης, κατὰ γῆς ἔκρυψαν ἐν διώρυγί τινι· ὑπὸ δὲ νοτίας καὶ σητῶν κακωθέντα ὀψέ ποτε ἀπέδοντο οἱ ἀπὸ τοῦ γένους Ἀπελλικῶντι τῷ Τηΐῳ πολλῶν ἀργυρίων τά τε Ἀριστοτέλους καὶ τὰ τοῦ Θεοφράστου βιβλία· ἦν δὲ ὁ Ἀπελλικῶν φιλόβιβλος μᾶλλον ἢ φιλόσοφος· διὸ καὶ ζητῶν ἐπανόρθωσιν τῶν διαβρωμάτων εἰς ἀντίγραφα καινὰ μετήνεγκε τὴν γραφὴν ἀναπληρῶν οὐκ εὖ, καὶ ἐξέδωκεν ἁμαρτάδων πλήρη τὰ βιβλία. Συνέβη δὲ τοῖς ἐκ τῶν Περιπάτων τοῖς μὲν πάλαι τοῖς μετὰ Θεόφραστον οὐκ ἔχουσιν ὅλως τὰ βιβλία πλὴν ὀλίγων καὶ μάλιστα τῶν ἐξωτερικῶν μηδὲν ἔχειν φιλοσοφεῖν πραγματικῶς, ἀλλὰ θέσεις ληκυθίζειν, τοῖς δ’ ὕστερον, ἀφ’ οὗ τὰ βιβλία ταῦτα προῆλθεν, ἄμεινον μὲν ἐκείνων φιλοσοφεῖν καὶ ἀριστοτελίζειν, ἀναγκάζεσθαι μέντοι τὰ πολλὰ εἰκοτολογεῖν διὰ τὸ πλῆθος τῶν ἁμαρτιῶν. πολὺ δὲ εἰς τοῦτο καὶ ἡ Ῥώμη προσεβάλετο. εὐθὺς γὰρ μετὰ τὴν Ἀπελλικῶντος τελευτὴν Σύλλας ἦρε τὴν Ἀπελλικῶντος βιβλιοθήκην τὰς Ἀθήνας ἑλών. δεῦρο δὲ κομισθεῖσαν Τυραννίων τε ὁ γραμματικὸς διεχειρίσατο φιλαριστοτέλης ὤν θεραπεύσας τὸν ἐπὶ τῆς βιβλιοθήκης καὶ βιβλιοπῶλαί τινες γραφεῦσι φαύλοις χρώμενοι καὶ οὐκ ἀντιβάλλοντες, ὅπερ καὶ ἐπὶ τῶν ἄλλων συμβαίνει τῶν εἰς πρᾶσιν γραφομένων βιβλίων καὶ ἐνθάδε καὶ ἐν Ἀλεξανδρείᾳ. περὶ μὲν οὖν τούτων ἀπόχρη. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Str.+13.1.54&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0197 |
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Plu. Sull. 26, 1-3 |
Ἀναχθεὶς δὲ πάσαις ταῖς ναυσὶν ἐξ Ἐφέσου τριταῖος ἐν Πειραιεῖ καθωρμίσθη· καὶ †μυηθεὶς ἐξεῖλεν ἑαυτῷ τὴν Ἀπελλικῶνος τοῦ Τηΐου βιβλιοθήκην, ἐν ᾗ τὰ πλεῖστα τῶν Ἀριστοτέλους καὶ Θεοφράστου βιβλίων ἦν, οὔπω τότε σαφῶς γνωριζόμενα τοῖς πολλοῖς. λέγεται δὲ κομισθείσης αὐτῆς εἰς Ῥώμην, Τυραννίωνα τὸν γραμματικὸν ἐνσκευάσασθαι τὰ πολλά, καὶ παρ’αὐτοῦ τὸν Ῥόδιον Ἀνδρόνικον εὐπορήσαντα τῶν ἀντιγράφων, εἰς μέσον θεῖναι καὶ ἀναγράψαι τοὺς νῦν φερομένους πίνακας. οἱ δὲ πρεσβύτεροι Περιπατητικοὶ φαίνονται μὲν καθ’ ἑαυτοὺς γενόμενοι χαρίεντες καὶ φιλολόγοι, τῶν δὲ Ἀριστοτέλους καὶ Θεοφράστου <συγ>γραμμάτων οὔτε πολλοῖς οὔτε ἀκριβῶς ἐντετυχηκότες, διὰ <τὸ> τὸν Νηλέως τοῦ Σκηψίου κλῆρον (ᾧ τὰ βιβλία κατέλιπε Θεόφραστος) εἰς ἀφιλοτίμους καὶ ἰδιώτας ἀνθρώπους περιγενέσθαι. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Plut.+Sull.+26&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0126 |
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Gell. 3, 7, 13 |
Aristotelem quoque traditum libros pauculos Speusippi philosophi post mortem eius emisse talentis Atticis tribus; ea summa fit nummi nostri sestertia duo et septuaginta milia. |
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Gell. 19, 5, 4 |
Sed cum bibendae nivis pausa fieret nulla, promit e bibliotheca Tiburti, quae tunc in Herculis templo satis commode instructa libris erat, Aristotelis librum eumque ad nos adfert et 'Huius saltem' inquit 'sapientissimi viri verbis credite ac desinite valitudinem vestram profligare.' |
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Ath. 1, 3a-b |
ἦν δέ, φησί, καὶ βιβλίων κτῆσις αὐτῷ ἀρχαίων Ἑλληνικῶν τοσαύτη ὡς ὑπερβάλλειν πάντας τοὺς ἐπὶ συναγωγῇ τεθαυμασμένους, Πολυκράτην τε τὸν Σάμιον καὶ Πεισίστρατον τὸν Ἀθηναίων τυραννήσαντα Εὐκλείδην τε τὸν καὶ αὐτὸν Ἀθηναῖον καὶ Νικοκράτην τὸν Κύπριον ἔτι τε τοὺς Περγάμου βασιλέας Εὐριπίδην τε τὸν ποιητὴν Ἀριστοτέλην τε τὸν φιλόσοφον <καὶ Θεόφραστον> καὶ τὸν τὰ τούτων διατηρήσαντα βιβλία Νηλέα· παρ’ οὗ πάντα, φησί, πριάμενος ὁ ἡμεδαπὸς βασιλεὺς Πτολεμαῖος, Φιλάδελφος δὲ ἐπίκλην, μετὰ τῶν Ἀθήνηθεν καὶ τῶν ἀπὸ Ῥόδου εἰς τὴν καλὴν Ἀλεξάνδρειαν μετήγαγε. <καὶ Θεόφραστον> add. Wilamowitz |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Ath.+1.4&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2013.01.0001 |
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Galen. Libr. Propr., vol. 19, pp. 41, 16 – 42, 7 Kühn |
καὶ μέντοι καὶ τῶν ὑπομνημάτων ὧν ἔγραψα […] ἔστι δ’ ἐν αὐτοῖς τρία μὲν εἰς τὸ περὶ ἑρμηνείας Ἀριστοτέλους, τέτταρα δ’ εἰς τὸ πρότερον τῶν περὶ συλλογισμῶν, καθάπερ γε καὶ εἰς τὸ δεύτερον ἴσα τὸν ἀριθμόν· ἐπιγράφουσι δ’ αὐτὰ σχεδὸν ἅπαντες οἱ νῦν ‘ἀναλυτικῶν προτέρων’, ὥσπερ γε καὶ ‘δευτέρων’ τὰ [δὲ] περὶ τῆς ἀποδείξεως. αὐτὸς <δ’> ὁ Ἀριστοτέλης τῶν μὲν προτέρων ὡς περὶ συλλογισμοῦ γεγραμμένων αὑτῷ μέμνηται, τῶν δὲ δευτέρων ὡς περὶ ἀποδείξεως, ὧν ἐστι καὶ αὐτῶν ὑπομνήματα διασῳζόμενα τῶν ἐμῶν, εἰς μὲν τὸ πρότερον ἕξ, εἰς δὲ τὸ δεύτερον πέντε. |
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Galen. Indol. 14-15 Boudon-Millot – Jouanna |
ἐπὶ τούτοις οὖν τοιούτοις καὶ τοσούτοις ἀπώλεσα κατὰ τὴν αὐτὴν ἡμέραν ὅσα μετὰ τὴν ἐπανόρθωσιν εἰς καθαρὸν ἔδαφος ἐγέγραπτό <μοι> βιβλία τῶν ἀσαφῶν <μέν>, ἡμαρτημένων δὲ κατὰ τὰς γραφὰς οἷον ἐμοῦ προῃρημένου ἔ<κ>δοσιν ἐμὴν ποιήσασθαι […]. τοιαῦτα ἦν τὰ Θεοφράστου καὶ Ἀριστοτέλους καὶ Εὐδήμου καὶ Κλειτ<ομάχ>ου καὶ Φαινίου βιβλία καὶ Χρυσίπ<π>ου τὰ πλεῖστα καὶ τῶν παλαιῶν ἰατρῶν πάντων. |
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Galen. Indol. 16-17 Manetti |
λυπήσει δέ σε καὶ ταῦτα μάλιστα ὡς τῶν ἐν τοῖς καλουμένοις πίναξι [τῶν] γεγραμμένων βιβλίων ἔξωθεν εὗρόν τινα κατά τε τὰς ἐν τῷ Παλατίῳ βιβλιοθήκας καὶ τὰς ἐν Ἀντίῳ ἃ φανερῶς ἦν οὗ ἐπεγέγραπτο, κατὰ τὴν λέξιν [ου]τε καὶ τὴν διάνοιαν ὅμοια. <ἔστι> μεν αὐτῶ<ν> καὶ τὰ Θεοφράστου καὶ μάλιστα τὰ κατὰ τὰς ἐπιστημονικὰς πραγματείας [ἐστὶν], ἀλλὰ τὰ περὶ φυτῶν βιβλία κατὰ δύο πραγματείας ἐκτεταμένας ἡρμηνευμένα πάντες ἔχουσι. ἡ δ’ Ἀριστοτέλους σύναρμος ἀκριβῶς ἦν εὑρεθεῖσά μοι καὶ μεταγραφεῖσα ἣ καὶ νῦν ἀπολομένη. |
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Galen. Indol. 17 Boudon-Millot – Jouanna |
κατὰ δὲ τὸν αὐτὸν τρόπον καὶ Θεοφράστου καὶ ἄλλων τινῶν ἀνδρῶν παλαιῶν μὴ φερόμενα κατὰ τοὺς πίνακας, τινὰ δὲ ἐν ἐκείνοις γεγραμμένα μέν, μὴ φαινόμενα δ’ αὐτά. Τούτων οὖν ἐγὼ πολλὰ μὲν ἐν ταῖς κατὰ τὸ Παλάτιον βιβλιοθήκαις εὗρον, κτλ. |
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Ptol. al-Gharīb 97-99 Rashed |
(traduzione francese dall’arabo, in Rashed 2021, pp. 20-21) Et les livres trouvés dans la bibliothéque d’un homme nommé Apellicon: […] Son livre dans lequel un homme nommé Artemon a rassemblé des épitres d’Aristote, en huit tomes. |
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Ptol. al-Gharīb 100 Rashed |
(traduzione francese dall’arabo, in Rashed 2021, p. 21) Et des épîtres de lui qu’Andronicos a trouvées, en vingt tomes; et des livres de lui dans lesquels il y a des mémoires qui n’étaient pas publiquement dibulgués, dont tu trouveras le nombre et les débuts dans le cinquiéme traité du livre d’Andronicos sur le catalogue des livres d’Aristote. |
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Diog. Laert. 4, 5 |
φησὶ δὲ Φαβωρῖνος ἐν δευτέρῳ Ἀπομνημονευμάτων ὡς Ἀριστοτέλης αὐτοῦ (sc. Σπευσίππου) τὰ βιβλία τριῶν ταλάντων ὠνήσατο. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0257%3Abook%3D4%3Achapter%3D1 |
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Diog. Laert. 5, 52 |
τὸ δὲ χωρίον τὸ ἐν Σταγείροις ἡμῖν ὑπάρχον δίδωμι Καλλίνῳ· τὰ δὲ βιβλία πάντα Νηλεῖ. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0257%3Abook%3D5%3Achapter%3D2 |
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Porph. Plot. 24 |
Τοιοῦτος μὲν οὖν ὁ Πλωτίνου ἡμῖν ἱστόρηται βίος. Ἐπεὶ δὲ αὐτὸς τὴν διάταξιν καὶ τὴν διόρθωσιν τῶν βιβλίων ποιεῖσθαι ἡμῖν ἐπέτρεψεν, ἐγὼ δὲ κἀκείνῳ ζῶντι ὑπεσχόμην καὶ τοῖς ἄλλοις ἑταίροις ἐπηγγειλάμην ποιῆσαι τοῦτο, πρῶτον μὲν τὰ βιβλία οὐ κατὰ χρόνους ἐᾶσαι φύρδην ἐκδεδομένα ἐδικαίωσα, μιμησάμενος δ' Ἀπολλόδωρον τὸν Ἀθηναῖον καὶ Ἀνδρόνικον τὸν Περιπατητικόν, ὧν ὁ μὲν Ἐπίχαρμον τὸν κωμῳδιογράφον εἰς δέκα τόμους φέρων συνήγαγεν, ὁ δὲ τὰ Ἀριστοτέλους καὶ Θεοφράστου εἰς πραγματείας διεῖλε τὰς οἰκείας ὑποθέσεις εἰς ταὐτὸν συναγαγών· οὕτω δὴ καὶ ἐγὼ νδ ὄντα ἔχων τὰ τοῦ Πλωτίνου βιβλία διεῖλον μὲν εἰς ἓξ ἐννεάδας τῇ τελειότητι τοῦ ἓξ ἀριθμοῦ καὶ ταῖς ἐννεάσιν ἀσμένως ἐπιτυχών, ἑκάστῃ δὲ ἐννεάδι τὰ οἰκεῖα φέρων συνεφόρησα δοὺς καὶ τάξιν πρώτην τοῖς ἐλαφροτέροις προβλήμασιν. |
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http://www.poesialatina.it/_ns/Greek/testi/Porphyrius/Vita_Plotini.html |
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Ibn Abī ʿUṣaibiʾa, ʿUyūn al-anbā’, pp. 447-448 Perkams 2019 |
(traduzione inglese dall’arabo, in Perkams 2019, pp. 447-448) 1. Abū Naṣr al-Fārābī gave the following verbatim account of the appearence of philosophy. 2. (a) The subject of philosophy became famous in the days of the Greek kings and after the death of Aristotle in Alexandria until the end of the woman’s reign. And when he had died, the teaching continued in its state here until the reign of the thirteenth king. During their reign twelve teacher of philosophy followed each other, the last of whom was named Andronicus. (b) The last of these kings was the woman whom king Augustus the king of the Romans defeated. He killed her and took over the rule, and when he had secured it, he took care for the stores of books and their production. Now, he found in them (sc. the stores of books) manuscripts of Aristotle’s works, copied in his days and in those of Theophrastus. (c) He also found that the teachers and philosophers had written book on the same subject as Aristotle. He ordered for copies to be made of those books which had been copied in the days of Aristotle and his pupils, and for the teaching to be out of those (books), but to abstain from the rest. And he entrusted Andronicus with the arrangement of that and commanded to prepare copies which he should carry to Rome and copies which he should leave in the place of teaching in Alexandria. He also commanded him to install a teacher who takes his place in Alexandria and to travel to Rome with him. Thus, the teaching was in two places. |
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Testi di confronto | ||
Eudem. frr. 3-4 Wehrli passim = Ascl. Comm. Metaph., in CAG 6,2, p. 4, 8-22 Hayduck |
ἀπολογοῦνται δὲ ὑπὲρ τούτου καὶ καλῶς ἀπολογοῦνται, ὅτι γράψας τὴν παροῦσαν πραγματείαν ἔπεμψεν αὐτὴν Εὐδήμῳ τῷ ἑταίρῳ αὐτοῦ τῷ Ῥοδίῳ, εἶτα ἐκεῖνος ἐνόμισε μὴ εἶναι καλόν, ὡς ἔτυχεν, ἐκδοθῆναι εἰς πολλοὺς τηλικαύτην πραγματείαν. ἐν τῷ οὖν μέσῳ χρόνῳ ἐτελεύτησε καὶ διεφθάρησάν τινα τοῦ βιβλίου· μὴ τολμῶντες δὲ προσθεῖναι οἴκοθεν οἱ μεταγενέστεροι διὰ τὸ πολὺ πάνυ λείπεσθαι τῆς τοῦ ἀνδρὸς ἐννοίας μετήγαγον ἐκ τῶν ἄλλων αὐτοῦ πραγματειῶν τὰ λείποντα ἁρμόσαντες, ὡς ἦν δυνατόν. […] εἰδέναι τοίνυν χρὴ ὅτι δεκατέσσαρα βιβλία ἔγραψεν ὁ Ἀριστοτέλης ἐν τῇ παρούσῃ πραγματείᾳ· μέχρι γὰρ τοῦ ν στοιχείου ἔγραψε καὶ αὐτοῦ. τινὲς δὲ εἰρήκασιν ὅτι δεκατρία· τὸ γὰρ μεῖζον ἄλφα περὶ οὗ νῦν πρώτως διαλέγεται, οὔ φασιν εἶναι αὐτοῦ, ἀλλὰ Πασικλέους, τοῦ υἱοῦ Βοήθου τοῦ ἀδελφοῦ Εὐδήμου τοῦ ἑταίρου αὐτοῦ. |
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https://archive.org/details/trent_0116403085024/page/n9/mode/2up |
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Eudem. fr. 6 Wehrli = Simpl. Comm. Phys., in CAG 10, p. 923, 7-11 Diels |
εἴρηται δὲ καὶ πρότερον, ὅτι τὰ μὲν πέντε βιβλία τὰ πρὸ τούτου Φυσικὰ καλοῦσιν, τὰ δὲ ἐντεῦθεν τρία Περὶ κινήσεως· οὕτω γὰρ καὶ Ἀνδρόνικος ἐν τῷ τρίτῳ τῶν Ἀριστοτέλους βιβλίων διατάττεται, μαρτυροῦντος περὶ τῶν πρώτων καὶ Θεοφράστου γράψαντος Εὐδήμου περί τινος αὐτῷ τῶν ἡμαρτημένων ἀντιγράφων κατὰ τὸ πέμπτον βιβλίον· “ὑπὲρ ὧν, φησίν, ἐπέστειλας κελεύων με γράψαι καὶ ἀποστεῖλαι ἐκ τῶν Φυσικῶν, ἤτοι ἐγὼ οὐ ξυνίημι ἢ μικρόν τι παντελῶς ἔχει τὸ ἀνὰ μέσον τοῦ ‘ὅπερ ἠρεμεῖν καλῶ τῶν ἀκινήτων μόνον· ἐναντίον γὰρ ἠρεμία κινήσει, ὥστε στέρησις ἂν εἴη τοῦ δεκτικοῦ’”· ὥστε καὶ τὸ πέμπτον βιβλίον ‘ἐκ τῶν Φυσικῶν’ ὁ Θεόφραστος νομίζει. |
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https://archive.org/details/trent_0116403085024/page/10/mode/2up |
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Epicur. fr. 127 Arrighetti = P.Herc. 1005, fr. 111, 6-12 Angeli |
[ ̣ ̣ ̣ ̣ τὸ περ]ὶ̣ [Σω]κράτ[ους] | [τοῦ Ἀρ]ι̣σ̣τίπ̣που̣ [κ]αὶ̣ Σπευ̣|[σίππου το]ῦ̣ Πλάτωνος | [ἐγκώμιον] καὶ Ἀριστοτέ|[λους τὰ] Ἀναλυτικὰ καὶ | [τὰ Περὶ] φ̣ύσεως, ὅσαπερ | ἐ[νεκρίν]ο̣μεν. |
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Ocell. test. 6 Harder = Syrian. Comm. Metaph., in CAG 6,1, p. 175, 5-11 Kroll |
ὀρθῶς ἄρα καὶ ταύτην ἐνίσταντο τὴν ζήτησιν καὶ τὴν αἰτίαν παρεδίδοσαν τοῦ πλήθους τῶν ὄντως ὄντων, καὶ οὔτε πρός τι τὴν ἑτέραν ἐποίουν τῶν ἀρχῶν οὔτε τὸν περὶ τῶν αἰσθητῶν λόγον πάντῃ παρελίμπανον, ὡς δηλοῖ τὰ Ὀκκέλου μὲν Περὶ τᾶς τῶ παντὸς φύσιος, ἐξ ὧν τὰ Περὶ γενέσεως καὶ φθορᾶς μονονουχὶ μεταβεβλῆσθαι δοκεῖ, τοῦ Τιμαίου δὲ τὰ πλεῖστα, καθ’ ὃν ἡ περιπατητικὴ φιλοσοφία τὰ πολλὰ φυσιολογεῖ. |
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https://archive.org/details/commentariainar06alexgoog/page/n193/mode/2up |
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Demetr. eloc. 223 |
Ἐπεὶ δὲ καὶ ὁ ἐπιστολικὸς χαρακτὴρ δεῖται ἰσχνότητος, καὶ περὶ αὐτοῦ λέξομεν. Ἀρτέμων μὲν οὖν ὁ τὰς Ἀριστοτέλους ἀναγράψας ἐπιστολάς φησιν, ὅτι δεῖ ἐν τῷ αὐτῷ τρόπῳ διάλογόν τε γράφειν καὶ ἐπιστολάς· εἶναι γὰρ τὴν ἐπιστολὴν οἷον τὸ ἕτερον μέρος τοῦ διαλόγου. |
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Cic. inv. 2, 6-7 |
Ac veteres quidem scriptores artis usque a principe illo atque inventore Tisia repetitos unum in locum conduxit Aristoteles et nominatim cuiusque praecepta magna conquisita cura perspicue conscripsit atque enodata diligenter exposuit; ac tantum inventoribus ipsis suavitate et brevitate dicendi praestitit, ut nemo illorum praecepta ex ipsorum libris cognoscat, sed omnes, qui quod illi praecipiant velint intellegere, ad hunc quasi ad quendam multo commodiorem explicatorem revertantur. atque hic quidem ipse et sese ipsum nobis et eos, qui ante fuerunt, in medio posuit, ut ceteros et se ipsum per se cognosceremus […]. Nam fuit tempore eodem, quo Aristoteles, magnus et nobilis rhetor Isocrates; cuius ipsius quam constet esse artem non invenimus. discipulorum autem atque eorum, qui protinus ab hac sunt disciplina profecti, multa de arte praecepta reperimus. |
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Cic. Att. 2, 6, 1 |
Itaque aut libris me delecto, quorum habeo Anti festivam copiam, aut fluctus numero (nam ad lacertas captandas tempestates non sunt idoneae); a scribendo prorsus abhorret animus. Etenim γεωγραφικὰ quae constitueram magnum opus est […] Quid censes si Tyrannio accesserit? Et hercule sunt res difficiles ad explicandum et ὁμοειδεῖς nec tam possunt ἀνθηρογραφεῖσθαι quam videbantur et, quod caput est, mihi quaevis satis iusta causa cessandi est. |
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Cic. ad Q. fr. 2, 4, 2 |
Quintus, filius tuus, puer optimus, eruditur egregie. Hoc nunc magis animum adverto quod Tyrannio docet apud me. |
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Cic. Att. 4, 4a, 1 |
Perbelle feceris si ad nos veneris. offendes dissignationem Tyrannionis mirificam librorum meorum, quorum reliquiae multo meliores sunt quam putaram. et velim mihi mittas de tuis librariolis duos aliquos quibus Tyrannio utatur glutinatoribus, ad cetera administris, iisque imperes ut sumant membranulam ex qua indices fiant, quos vos Graeci, ut opinor, σιττύβας appellatis. |
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Cic. Att. 4, 8, 2 |
Postea vero quam Tyrannio mihi libros disposuit, mens addita videtur meis aedibus. Qua quidem in re mirifica opera Dionysi et Menophili tui fuit. nihil venustius quam illa tua pegmata, postquam sittybae libros illustrarunt. |
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Cic. de orat. 2, 160 |
Atque inter hunc Aristotelem, cuius et illum legi librum, in quo exposuit dicendi artis omnium superiorum, et illos, in quibus ipse sua quaedam de eadem arte dixit, et hos germanos huius artis magistros hoc mihi visum est interesse, quod ille eadem acie mentis, qua rerum omnium vim naturamque viderat, haec quoque aspexit, quae ad dicendi artem, quam ille despiciebat, pertinebant; illi autem, qui hoc solum colendum ducebant, habitarunt in hac una ratione tractanda non eadem prudentia qua ille, sed usu in hoc uno genere studioque maiore. |
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Cic. Att. 4, 10, 1 |
Puteolis magnus est rumor [et] Ptolomaeum esse in regno. Si quid habes certius, velim scire. Ego hic pascor bibliotheca Fausti. Fortasse tu putabas his rebus Puteolanis et Lucrinensibus. Ne ista quidem desunt, sed mehercule <ut> a ceteris oblectationibus deseror et voluptat<ibus cum propter aetatem t>um propter rem publicam, sic litteris sustentor et recreor maloque in illa tua sedecula quam habes sub imagine Aristotelis sedere quam in istorum sella curuli […]. |
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Cic. ad Q. fr. 3, 4, 5 |
De bibliotheca tua Graeca supplenda, libris commutandis, Latinis comparandis, valde velim ista confici, praesertim cum ad meum quoque usum spectent. Sed ego mihi ipsi ista per quem agam non habeo. Neque enim venalia sunt, quae quidem placeant, et confici nisi per hominem et peritum et diligentem non possunt. Chrysippo tamen imperabo et cum Tyrannione loquar. |
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Cic. ad Q. fr. 3, 5, 6 |
De libris Tyrannio est cessator; Chrysippo dicam. sed res operosa est et hominis perdiligentis. |
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Cic. Brut. 315 |
Cum venissem Athenas, sex menses cum Antiocho veteris Academiae nobilissumo et prudentissumo philosopho fui studiumque philosophiae numquam intermissum a primaque adulescentia cultum et semper auctum hoc rursus summo auctore et doctore renovavi. Eodem tamen tempore Athenis apud Demetrium Syrum veterem et non ignobilem dicendi magistrum studiose exerceri solebam. |
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Cic. Att. 12, 2, 2 |
Sed quid multa? Iam te videbo et quidem, ut spero, de via recta ad me. Simul enim et diem Tyrannioni constituemus et si quid aliud. |
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Cic. Att. 12, 6, 2 |
Venio ad Tyrannionem. Ain tu? Verum hoc fuit? Sine me? At ego quotiens, cum essem otiosus, sine te tamen nolui? Quo modo ergo hoc lues? Uno scilicet, si mihi librum miseris; quod ut facias etiam atque etiam rogo. Etsi me non magis ipse liber delectabit quam tua admiratio delectavit. |
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Cic. fin. 5, 12 |
De summo autem bono, quia duo genera librorum sunt, unum populariter scriptum, quod ἐξωτερικόν appellabant, alterum limatius, quod in commentariis reliquerunt, non semper idem dicere videntur. |
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Cic. fin. 5, 12-13 |
Quare teneamus Aristotelem et eius filium Nicomachum, cuius accurate scripti de moribus libri dicuntur illi quidem esse Aristoteli, sed non video, cur non potuerit patri similis esse filius. Theophrastum tamen adhibeamus ad pleraque, dum modo plus in virtute teneamus, quam ille tenuit, firmitatis et roboris. Simus igitur contenti his. Namque horum posteri meliores illi quidem mea sententia quam reliquarum philosophi disciplinarum, sed ita degenerant, ut ipsi ex se nati esse videantur. |
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Cic. fin. 5, 14 |
Critolaus imitari voluit antiquos, et quidem est gravitate proximus, et redundat oratio, ac tamen <ne> is quidem in patriis institutis manet. |
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Str. 12, 3, 16 |
μέχρι μὲν δὴ δεῦρο ἡ Ἀμισηνή· ἄνδρες δὲ γεγόνασιν ἄξιοι μνήμης κατὰ παιδείαν ἐνταῦθα […] γραμματικὸς δὲ Τυραννίων, οὗ ἡμεῖς ἠκροασάμεθα. |
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Str. 14, 2, 13 |
τῶν δὲ πολιτικῶν καὶ τῶν περὶ λόγους καὶ φιλοσοφίαν ὅ τε Παναίτιος αὐτὸς καὶ Στρατοκλῆς καὶ Ἀνδρόνικος ὁ ἐκ τῶν περιπάτων καὶ Λεωνίδης ὁ στωικός. |
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Str. 14, 5, 14 |
ἄνδρες δ᾽ ἐξ αὐτῆς (sc. τῆς Ταρσοῦ) γεγόνασι τῶν μὲν Στωϊκῶν Ἀντίπατρός τε καὶ Ἀρχέδημος καὶ Νέστωρ, ἔτι δ᾽ Ἀθηνόδωροι δύο, ὧν ὁ μὲν Κορδυλίων ἐπικαλούμενος συνεβίωσε Μάρκῳ Κάτωνι καὶ τελευτᾷ παρ᾽ ἐκείνῳ, ὁ δὲ τοῦ Σάνδωνος, ὃν καὶ Κανανίτην φασὶν ἀπὸ κώμης τινός, Καίσαρος καθηγήσατο καὶ τιμῆς ἔτυχε μεγάλης. |
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καθ᾽ ἡμᾶς δὲ ἐκ Σιδῶνος μὲν ἔνδοξοι φιλόσοφοι γεγόνασι Βόηθός τε – ᾧ συνεφιλοσοφήσαμεν ἡμεῖς τὰ Ἀριστοτέλεια – καὶ Διόδοτος ἀδελφὸς αὐτοῦ. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Strab.+16.2.24&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0197 |
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Plu. Alex. 7, 6-9 |
ἤδη γὰρ εἰς Ἀσίαν διαβεβηκώς, καὶ πυθόμενος λόγους τινὰς ἐν βιβλίοις περὶ τούτων ὑπ’ Ἀριστοτέλους ἐκδεδόσθαι, γράφει πρὸς αὐτὸν ὑπὲρ φιλοσοφίας παρρησιαζόμενος ἐπιστολήν, ἧς ἀντίγραφόν ἐστιν· ‘Ἀλέξανδρος Ἀριστοτέλει εὖ πράττειν. οὐκ ὀρθῶς ἐποίησας ἐκδοὺς τοὺς ἀκροαματικοὺς τῶν λόγων· τίνι γὰρ δὴ διοίσομεν ἡμεῖς τῶν ἄλλων, εἰ καθ᾽ οὓς ἐπαιδεύθημεν λόγους, οὗτοι πάντων ἔσονται κοινοί; ἐγὼ δὲ βουλοίμην ἂν ταῖς περὶ τὰ ἄριστα ἐμπειρίαις ἢ ταῖς δυνάμεσι διαφέρειν. ἔρρωσο.’ ταύτην μὲν οὖν τὴν φιλοτιμίαν αὐτοῦ παραμυθούμενος Ἀριστοτέλης ἀπολογεῖται περὶ τῶν λόγων ἐκείνων, ὡς καὶ ἐκδεδομένων καὶ μὴ ἐκδεδομένων. ἀληθῶς γὰρ ἡ περὶ τὰ φυσικὰ πραγματεία, πρὸς διδασκαλίαν καὶ μάθησιν οὐδὲν ἔχουσα χρήσιμον, ὑπόδειγμα τοῖς πεπαιδευμένοις ἀπ᾽ ἀρχῆς γέγραπται. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0129%3Achapter%3D7 |
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Plu. Cat. Mi. 10 |
πυθόμενος δ’ Ἀθηνόδωρον τὸν ἐπικαλούμενον Κορδυλίωνα, μεγάλην ἕξιν ἐν τοῖς Στωϊκοῖς λόγοις ἔχοντα, διατρίβειν περὶ Πέργαμον, ἤδη γηραιὸν ὄντα, καὶ πάσαις ἐρρωμενέστατα ταῖς ἡγεμονικαῖς καὶ βασιλικαῖς συνηθείαις καὶ φιλίαις διαμεμαχημένον, οὐδὲν ᾤετο πέμπων καὶ γράφων περαίνειν πρὸς αὐτόν, ἀλλὰ ἔχων παρὰ τοῦ νόμου δεδομένην ἀποδημίαν δυεῖν μηνῶν ἔπλευσεν εἰς τὴν Ἀσίαν ἐπὶ τὸν ἄνδρα, πιστεύων τοῖς ἐν αὑτῷ καλοῖς μὴ ἀτυχήσειν τῆς ἄγρας. συγγενόμενος δὲ καὶ καταγωνισάμενος καὶ μεταστήσας ἐκ τῆς προαιρέσεως αὐτόν, ἧκεν ἄγων εἰς τὸ στρατόπεδον περιχαρὴς καὶ μεγαλοφρονῶν, ὥς τι λιστον ᾑρηκὼς καὶ λαμπρότερον, ὧν Πομπήϊος τότε καὶ Λεύκολλος ἐθνῶν καὶ βασιλειῶν κατεστρέφοντο σὺν ὅπλοις περιϊόντες. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0088%3Achapter%3D10 |
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Plu. Cat. Mi. 16, 1 |
ἐπανελθὼν δὲ εἰς Ῥώμην, τὸν μὲν ἄλλον χρόνον κατ᾽ οἶκον Ἀθηνοδώρῳ <συσχολάζων> ἢ κατ᾽ ἀγορὰν τοῖς φίλοις παριστάμενος διετέλεσεν. |
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Plu. Cic. 27, 6 |
ἐπεὶ δὲ Φαῦστος ὁ Σύλλα, τοῦ μοναρχήσαντος ἐν Ῥώμῃ καὶ πολλοὺς ἐπὶ θανάτῳ προγράψαντος, ἐν δανείοις γενόμενος καὶ πολλὰ τῆς οὐσίας διασπαθήσας ἀπαρτίαν προέγραψε, ταύτην ἔφη μᾶλλον αὐτῷ τὴν προγραφὴν ἀρέσκειν ἢ τὴν πατρῴαν. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Plut.+Cic.+27&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.00902 |
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Plu. Luc. 4, 5 |
οὐ μὴν ἔλαττόν τι παρὰ Σύλλα τῶν ἄλλων φίλων ἔσχεν, ἀλλὰ τήν τε γραφὴν ὡς εἴρηται τῶν ὑπομνημάτων ἐκείνῳ δι’ εὔνοιαν ἀνέθηκε, καὶ τελευτῶν ἐπίτροπον τοῦ παιδὸς ἔγραψεν ὑπερβὰς Πομπήιον. |
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Plu. Luc. 19, 8-9 |
τότε καὶ Τυραννίων ὁ γραμματικὸς ἑάλω· Μουρήνας δ᾽ αὐτὸν ἐξῃτήσατο καὶ λαβὼν ἀπηλευθέρωσεν, ἀνελευθέρως τῇ δωρεᾷ χρησάμενος. οὐ γὰρ ἠξίου Λούκουλλος ἄνδρα διὰ παιδείαν ἐσπουδασμένον δοῦλον γενέσθαι πρότερον, εἶτ᾽ ἀπελεύθερον. ἀφαίρεσις γὰρ ἦν τῆς ὑπαρχούσης ἡ τῆς δοκούσης ἐλευθερίας δόσις. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0046%3Achapter%3D19 |
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Lucian. Adv. Indoct. 4 |
κατὰ δὴ ταῦτα, ἐκεῖνα ἔχε συλλαβὼν τὰ τοῦ Δημοσθένους ὅσα τῇ χειρὶ τῇ αὑτοῦ ὁ ῥήτωρ ἔγραψε, καὶ τὰ τοῦ Θουκυδίδου ὅσα παρὰ τοῦ Δημοσθένους καὶ αὐτὰ ὀκτάκις μεταγεγραμμένα εὑρέθη, καὶ ὅλως ἅπαντα ἐκεῖνα ὅσα ὁ Σύλλας Ἀθήνηθεν εἰς Ἰταλίαν ἐξέπεμψε· τί ἂν πλέον ἐκ τούτου εἰς παιδείαν κτήσαιο, κἂν ὑποβαλόμενος αὐτὰ ἐπικαθεύδῃς ἢ συγκολλήσας καὶ περιβαλόμενος περινοστῇς; |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Luc.+Ind.+4&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0447 |
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Lucian. Vit. Auct. 26 |
Ζεύς μὴ διάτριβε· ἄλλον κάλει τὸν Περιπατητικόν. […] Ἑρμῆς μέτριος, ἐπιεικής, ἁρμόδιος τῷ βίῳ, τὸ δὲ μέγιστον, διπλοῦς. Ἀγοράστης πῶς λέγεις; Ἑρμῆς ἄλλος μὲν ὁ ἔκτοσθεν φαινόμενος, ἄλλος δὲ ὁ ἔντοσθεν εἶναι δοκεῖ: ὥστε ἢν πρίῃ αὐτόν, μέμνησο τὸν μὲν ἐξωτερικόν, τὸν δὲ ἐσωτερικὸν καλεῖν. |
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Gell. 10, 2, 1 |
Aristoteles philosophus memoriae tradidit mulierem in Aegypto uno partu quinque pueros enixam eumque esse finem dixit multiiugae hominum partionis neque plures umquam simul genitos compertum, hunc autem esse numerum ait rarissimum. (Arist. HA, p. 584b Bekker) |
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Gell. 20, 5, 6-10 |
Libros quoque suos, earum omnium rerum conmentarios, seorsum divisit, ut alii 'exoterici' dicerentur, partim 'acroatici'. Eos libros generis 'acroatici' cum in vulgus ab eo editos rex Alexander cognovisset […] litteras ad Aristotelem misit non eum recte fecisse, quod disciplinas acroaticas, quibus ab eo ipse eruditus foret, libris foras editis invulgasset: 'Nam qua' inquit 'alia re praestare ceteris poterimus, si ea, quae ex te accepimus, omnium prosus fient communia? Quippe ego doctrina anteire malim quam copiis atque opulentiis.' Rescripsit ei Aristoteles ad hanc sententiam: 'Acroaticos libros, quos editos quereris et non proinde ut arcana absconditos, neque editos scito esse neque non editos, quoniam his solis cognobiles erunt <qui nos audiuerunt>.' Exempla utrarumque litterarum sumpta ex Andronici philosophi libro subdidi… (segue la versione greca di tali lettere) |
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Ath. 14, 656a-b |
Ἀθηναῖοι δ᾽, ὥς φησι Φιλόχορος (FGrHist 328, fr. 173), ταῖς Ὥραις θύοντες οὐκ ὀπτῶσιν ἀλλ᾽ ἕψουσι τὰ κρέα παραιτούμενοι τὰς θεὰς ἀπείργειν τὰ περισκελῆ καύματα καὶ τοὺς αὐχμούς, μετὰ δὲ τῆς συμμέτρου θερμασίας καὶ ὑδάτων ὡραίων ἐκτελεῖν τὰ φυόμενα· τὴν μὲν γὰρ ὄπτησιν ἐλάττους παρέχεσθαι ὠφελείας, τὴν δὲ ἕψησιν οὐ μόνον τὴν ὠμότητα περιαιρεῖν, ἀλλὰ καὶ τὰ σκληρὰ μαλάττειν δύνασθαι καὶ τὰ λοιπὰ πεπαίνειν. ἔτι δ᾽ εὐμενέστερον καὶ ἀκινδυνότερον πεπαίνει τὴν τροφήν, διόπερ ἑφθὸν ἐποπτᾶν οὔ φασι δεῖν οὐδ᾽ ἐφέψειν· τὸ μὲν γὰρ ἀνάλυσιν ἔχειν δοκεῖ τοῦ βελτίονος, ὥς φησιν Ἀριστοτέλης (cf. Meteor. 380b, 21-23), τὰ δὲ ὀπτὰ τῶν ἑφθῶν ὠμότερα καὶ ξηρότερα. |
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φθασάντων δὲ τῶν περὶ χρείας μορίων εἰς πολλοὺς ἀφῖχθαι σπουδαζομένων τε τοῖς ἰατροῖς σχεδὸν ἅπασιν, ὅσοι τὴν παλαιὰν ἰατρικὴν μετεχειρίζοντο, καὶ τῶν φιλοσόφων τοῖς ἀπ’ Ἀριστοτέλους, ἐπειδὴ κἀκείνῳ τοιαύτη τις ἐγεγόνει πραγματεία, κτλ. |
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Ptol. al-Gharīb 3 Rashed |
(traduzione francese dall’arabo, in Rashed 2021, p. 2) Car le livre d’Andronicos traitant de ce sujet me n’était pas accessible et, pour cette raison, le fait que tu acquières ce livre de moi ne t’interdit d’acquérir le sien. |
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Alex. Aphr. Fat., in CAG suppl., 2,2, p. 164, 3-15 Bruns |
Ἦν μὲν δι’ εὐχῆς μοι, μέγιστοι αὐτοκράτορες Σεβῆρε καὶ Ἀντωνῖνε, αὐτῷ γενομένῳ παρ’ ὑμῖν ἰδεῖν τε ὑμᾶς καὶ προσειπεῖν καὶ καθομολογῆσαι χάριν […] τί γὰρ ἂν οἰκειότερον τοῖς γνησίως φιλοσοφίαν τιμῶσίν τε καὶ προάγουσιν ἀνάθημα γένοιτο βιβλίου ὑπισχνουμένου θεωρίαν φιλόσοφον; περιέχει τε τὸ βιβλίον τὴν δόξαν τὴν Ἀριστοτέλους, ἣν ἔχει περί τε εἱμαρμένης καὶ τοῦ ἐφ’ ἡμῖν, οὗ τῆς φιλοσοφίας προΐσταμαι ὑπὸ τῆς ὑμετέρας μαρτυρίας διδάσκαλος αὐτῆς κεκηρυγμένος. |
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https://archive.org/details/supplementumari00wissgoog/page/163/mode/2up |
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Alex. Aphr. In Top., in CAG 2,2, p. 340, 3-4 Wallies |
ὁ μέντοι Στράτων προστίθησί τινα τῷ τόπῳ τούτῳ καὶ ἄλλον, κτλ. |
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https://archive.org/details/commentariainar01michgoog/page/339/mode/2up |
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D. C. 72, 31, 3 |
ὁ δε Μᾶρκος ἐλθὼν ἐς τὰς Ἀθήνας καὶ μυηθεὶς ἔδωκε μὲν τοῖς Ἀθηναίοις τιμάς, ἔδωκε δὲ καὶ πᾶσιν ἀνθρώποις διδασκάλους ἐν ταῖς Ἀθήναις ἐπὶ πάσης λόγων παιδείας μισθὸν ἐτήσιον φέροντας. |
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D. C. 78, 7, 3 |
καὶ δὴ καὶ τοὺς φιλοσόφους τοὺς Ἀριστοτελείους ὠνομασμένους τά τε ἄλλα δεινῶς ἐμίσει, ὥστε καὶ τὰ βιβλία αὐτῶν κατακαῦσαι ἐθελῆσαι, καὶ τὰ συσσίτια ἃ ἐν τῇ Ἀλεξανδρείᾳ εἶχον, τάς τε λοιπὰς ὠφελείας ὅσας ἐκαρποῦντο, ἀφείλετο, ἐγκαλέσας σφίσιν ὅτι συναίτιος τῷ Ἀλεξάνδρῳ τοῦ θανάτου Ἀριστοτέλης γεγονέναι ἔδοξε. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=78.7&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0593 |
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προὔστη δὲ καὶ τῆς Ἀθηναίων νεότητος πρῶτος ἐπὶ ταῖς ἐκ βασιλέως μυρίαις. καὶ οὐ τοῦτό πω λόγου ἄξιον, οὐδὲ γὰρ πάντες οἱ ἐπιβατεύοντες τοῦ θρόνου τούτου λόγου ἄξιοι, ἀλλ᾽ ὅτι τοὺς μὲν Πλατωνείους καὶ τοὺς ἀπὸ τῆς Στοᾶς καὶ τοὺς ἀπὸ τοῦ Περιπάτου καὶ αὐτοῦ Ἐπικούρου προσέταξεν ὁ Μάρκος τῷ Ἡρώδῃ κρῖναι, τὸν δὲ ἄνδρα τοῦτον ἀπὸ τῆς περὶ αὐτὸν δόξης αὐτὸς ἐπέκρινε τοῖς νέοις ἀγωνιστὴν τῶν πολιτικῶν προσειπὼν λόγων καὶ ῥητορικῆς ὄφελος. |
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Diog. Laert. 5, 38-39 |
τοῦτον Τύρταμον λεγόμενον Θεόφραστον διὰ τὸ τῆς φράσεως θεσπέσιον Ἀριστοτέλης μετωνόμασεν· οὗ καὶ τοῦ υἱέος Νικομάχου φησὶν ἐρωτικῶς διατεθῆναι, καίπερ ὄντα διδάσκαλον, Ἀρίστιππος ἐν τετάρτῳ Περὶ παλαιᾶς τρυφῆς. […] λέγεται δ᾽ αὐτὸν καὶ ἴδιον κῆπον σχεῖν μετὰ τὴν Ἀριστοτέλους τελευτήν, Δημητρίου τοῦ Φαληρέως, ὃς ἦν καὶ γνώριμος αὐτῷ, τοῦτο συμπράξαντος. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0257%3Abook%3D5%3Achapter%3D2 |
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Diog. Laert. 5, 62 |
καταλείπω δὲ τὴν μὲν διατριβὴν Λύκωνι, ἐπειδὴ τῶν ἄλλων οἱ μέν εἰσι πρεσβύτεροι, οἱ δὲ ἄσχολοι. καλῶς δ᾽ ἂν ποιοῖεν καὶ οἱ λοιποὶ συγκατασκευάζοντες τούτῳ. καταλείπω δ᾽ αὐτῷ καὶ τὰ βιβλία πάντα, πλὴν ὧν αὐτοὶ γεγράφαμεν, καὶ τὰ σκεύη πάντα κατὰ τὸ συσσίτιον καὶ τὰ στρώματα καὶ τὰ ποτήρια. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0257%3Abook%3D5%3Achapter%3D3 |
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Diog. Laert. 5, 73 |
καὶ Χάρητα ἀφίημι ἐλεύθερον· καὶ θρεψάτω Λύκων αὐτόν. καὶ δύο μνᾶς αὐτῷ δίδωμι καὶ τἀμὰ βιβλία τὰ ἀνεγνωσμένα· τὰ δ᾽ ἀνέκδοτα Καλλίνῳ ὅπως ἐπιμελῶς αὐτὰ ἐκδῷ. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0257%3Abook%3D5%3Achapter%3D4 |
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Diog. Laert. 7, 34 |
ὃς (sc. Ἰσίδωρος) καὶ ἐκτμηθῆναί φησιν ἐκ τῶν βιβλίων τὰ κακῶς λεγόμενα παρὰ τοῖς στωικοῖς ὑπ᾽ Ἀθηνοδώρου τοῦ στωικοῦ πιστευθέντος τὴν ἐν Περγάμῳ βιβλιοθήκην: εἶτ᾽ ἀντιτεθῆναι αὐτά, φωραθέντος τοῦ Ἀθηνοδώρου καὶ κινδυνεύσαντος. καὶ τοσαῦτα μὲν περὶ τῶν ἀθετουμένων αὐτοῦ. |
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https://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0257%3Abook%3D7%3Achapter%3D1 |
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Cens. 4, 3 |
Sed prior illa sententia, qua semper humanum genus fuisse creditur, auctores habet Pythagoran Samium et Ocellum Lucanum et Archytan Tarentinum omnesque adeo Pythagoricos. |
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Πρὸς δὲ τὸ γνήσιον εἶναι τοῦ φιλοσόφου τὸ βιβλίον οὐδεὶς ἠξίωσε τῶν περὶ τὰ συγγράμματα τοῦ Ἀριστοτέλους ἐσπουδακότων ἀμφιβαλεῖν […] πλὴν Ἀνδρονίκου τοῦ Ῥοδίου, ὃς ἑνδέκατος μὲν ἦν ἀπὸ τοῦ Ἀριστοτέλους, κτλ. |
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https://archive.org/details/commentaria-in-aristotelem-graeca-vol.-4-pt.-4-6/page/n231/mode/2up |
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Ammon. Comm. Anal. Prior., in CAG 4,6, p. 31, 11-15 Wallies |
ἰστέον δὲ ὅτι ὁ μὲν Ἀριστοτέλης ταύτης ἐγένετο τῆς δόξης, ὅτι οἱ ἐν δευτέρῳ καὶ τρίτῳ σχήματι συλλογισμοὶ πάντες ἀτελεῖς εἰσιν, ὁ δὲ Βοηθὸς ἑνδέκατος ἀπὸ Ἀριστοτέλους γενόμενος ἐναντίως τῷ Ἀριστοτέλει περὶ τούτου ἐδόξασεν, καὶ καλῶς ἐδόξασεν καὶ ἀπέδειξεν ὅτι πάντες οἱ ἐν δευτέρῳ καὶ τρίτῳ σχήματι τέλειοί εἰσιν. |
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https://archive.org/details/commentaria-in-aristotelem-graeca-vol.-4-pt.-4-6/page/30/mode/2up |
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Philop. Comm. Categ., in CAG 13,1, p. 5, 16-20 Busse |
Βόηθος μὲν οὖν φησιν ὁ Σιδώνιος δεῖν ἀπὸ τῆς φυσικῆς ἄρχεσθαι πραγματείας ἅτε ἡμῖν συνηθεστέρας καὶ γνωρίμου, δεῖν δὲ ἀεὶ ἀπὸ τῶν σαφεστέρων ἄρχεσθαι καὶ γνωρίμων. ὁ δὲ τούτου διδάσκαλος Ἀνδρόνικος ὁ Ῥόδιος ἀκριβέστερον ἐξετάζων ἔλεγε χρῆναι πρότερον ἀπὸ τῆς λογικῆς ἄρχεσθαι, ἥτις περὶ τὴν ἀπόδειξιν καταγίνεται. |
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https://archive.org/details/commentariainar09berlgoog/page/n31/mode/2up |
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Philop. Comm. Categ., in CAG 13,1, p. 7, 22-28 Busse |
Πτολεμαῖον τὸν Φιλάδελφον πάνυ ἐσπουδακέναι φασὶ περὶ τὰ Ἀριστοτέλους συγγράμματα, ὡς καὶ περὶ τὰ λοιπά, καὶ χρήματα διδόναι τοῖς προσφέρουσιν αὐτῷ βίβλους τοῦ φιλοσόφου. ὅθεν τινὲς χρηματίσασθαι βουλόμενοι ἐπιγράφοντες συγγράμματα τῷ τοῦ φιλοσόφου ὀνόματι προσῆγον· ἀμέλει φασὶν ἐν τῇ μεγάλῃ βιβλιοθήκῃ εὑρῆσθαι Ἀναλυτικῶν μὲν τεσσαράκοντα βίβλους, Κατηγοριῶν δὲ δύο. |
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https://archive.org/details/commentariainar09berlgoog/page/n33/mode/2up |
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Elias (olim David) Comm. Categ., in CAG 18,1, p. 107, 11-14 Busse |
… δεύτερον τίς ἡ διαίρεσις τῶν Ἀριστοτελικῶν συγγραμμάτων πολλῶν ὄντων, χιλίων τὸν ἀριθμόν, ὥς φησι Πτολεμαῖος ὁ Φιλάδελφος ἀναγραφὴν αὐτῶν ποιησάμενος καὶ τὸν βίον αὐτοῦ καὶ τὴν διάθεσιν. |
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https://archive.org/details/commentariainar03alexgoog/page/n147/mode/2up |
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Elias (olim David) Comm. Categ., in CAG 18,1, p. 117, 20-25 Busse |
οἱ μὲν γὰρ ἔλεγον ὅτι δεῖ ἀπὸ τῆς φυσικῆς ἄρξασθαι, οἱ δὲ ἀπὸ τῆς λογικῆς, ἄλλοι δὲ ἀπὸ τῆς ἠθικῆς, ἕτεροι δὲ ἀπὸ τῆς μαθηματικῆς· Βοηθὸς γὰρ ὁ Σιδώνιος ἀπὸ τῆς φυσικῆς λέγει, Ἀνδρόνικος δὲ ὁ Ῥόδιος ὁ Περιπατητικὸς ὁ ἑνδέκατος διάδοχος τῆς Ἀριστοτέλους σχολῆς ἀπὸ τῆς λογικῆς ἔλεγε, τῶν δὲ Πλατωνικῶν οἱ μὲν ἀπὸ τῆς ἠθικῆς οἱ δὲ ἀπὸ τῶν μαθηματικῶν. |
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https://archive.org/details/commentariainar03alexgoog/page/n155/mode/2up |
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al-Masʿūdī, Kitāb at-tanbīh wa-l ʾišrāf, p. 451 Perkams 2019 |
(traduzione inglese dall’arabo, in Perkams 2019, p. 451) 2 (a) … and for which reason political philosophy began from Socrates, then Plato, then Aristotle, then Theophrastus, his nephew, then Eudemus and the people following upon him, one after the other, how the assembly of teaching was transferred from Athen to Alexandria in the country of Egypt, (b) and how the king Augustus, when he had killed the Queen Cleopatra, established the teaching in two places, Alexandria and Rome. |
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Testimoni epigrafici | ||
Inscr. Aphr. 4, p. 388 Chaniotis 2004b |
Ψηπισαμένης | τῆς βουλῆς καὶ | τοῦ δήμου | Τίτος Αὐρήλιος | Ἀλέξανδρος, φι|λόσοφος, τῶν Ἀθή|νησιν διαδόχων, | Τ. Αὐρήλιον Ἀλέ|ξανδρον, φιλόσο|φον, τὸν πατέρα |
Francesco Cannizzaro -
Università degli studi di Firenze
Cita come: Francesco Cannizzaro, Biblioteca di Aristotele (e di Teofrasto)_Scheda Letteraria, anno 2024, DOI 10.35948/DILEF/Dalib/50 contenuto in Valeria Piano, Barbara del Giovane (a cura di), DaLiB. Dal Libro alla biblioteca, DILEF Unifi 2023.
Ricevuto il: 11/03/2024
Pubblicato online il: 11/08/2024
DOI: 10.35948/DILEF/Dalib/50
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