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Biblioteca di Ovidio

Fa parte di Biblioteche private/Biblioteche private di Roma

Marta Maria Perilli - Pubblicato online il 28/09/2023 - DOI: 10.35948/DILEF/Dalib/30

Descrizione

L’unica fonte a nostra disposizione sulla biblioteca di Ovidio nella sua casa a Roma è un’elegia di Ovidio stesso: il componimento proemiale dei Tristia che il poeta invia a Roma dall’esilio (Ov. trist. 1, 1, 105-122). Ovidio ci fa sapere che conservava le sue opere (con ogni probabilità le copie d’autore) sia edite che ancora inedite in scrinia di forma cilindrica (v. 106 scrinia curva)[1] e che ciascuna opera aveva il titolo visibile (vv. 109-110). Sprovvisti di titolo e nascosti alla vista erano invece i tre libri dell’Ars amatoria, il carmen causa dell’esilio di Ovidio (vv. 111-112).

Nella biblioteca erano quindi presenti tutte le opere composte fino a quel momento: oltre all’Ars, vengono menzionate esplicitamente le Metamorfosi, di cui Ovidio indica il numero dei libri, quindici, e il titolo (v. 117). Alle opere presenti nella casa del poeta, si dovranno aggiungere anche almeno i primi tre libri dei Tristia, che Ovidio nell’elegia destina specificamente alla sua biblioteca personale e che dice di aver spedito a Roma «con una veste editoriale dimessa, senza le rifiniture con cui venivano confezionati i libri pubblicati dall’autore, quasi a sottolineare il suo carattere di copia d’autore per l’archivio domestico»[2] (Ov. trist. 1, 1, 1-14). Nessun componimento successivo sarà esplicitamente indirizzato alla biblioteca della casa del poeta.

La menzione delle Metamorfosi nella casa di Roma di Ovidio è significativa anche per il complesso problema della circolazione delle sue opere dopo l’editto del princeps contro il poeta. Al momento dell’esilio, le Metamorfosi non erano ancora state pubblicate e mancavano della revisione finale, incompiuta a causa dell’allontanamento del poeta da Roma (cf. vv. 13-14; 22 e 27-30 in Ov. trist. 1, 7, 11-40; Ov. trist. 2, 63-64; vv. 555-556 in Ov. trist. 2, 555-562; vv. 19-24 in Ov. trist. 3, 14, 1-32)[3]. Nonostante ciò, dell’opera erano già in circolazione varie copie (Ov. trist. 1, 7, 24 pluribus exemplis scripta fuisse reor), di cui Ovidio stesso aveva pubblicamente autorizzato la diffusione perché fossero fruite dal pubblico dei lettori. Questo emerge in due elegie dei Tristia, la 1, 7 e la 3, 14, dove raccomanda a due amici – ma verosimilmente si tratta della stessa persona[4] – di prendersi cura della sua opera a Roma. Al primo, dopo aver descritto lo stato incompiuto in cui si trova il poema (v. 22 rude carmen), indica negli ultimi 8 vv. dell’elegia 1, 7 dei Tristia un epigramma da aggiungere al frontespizio del libro – quindi in sede di pubblicazione –, che spieghi i motivi della mancanza dell’ultima revisione al poema pubblicato (Ov. trist. 1, 7, 11-40). Il secondo, chiamato da Ovidio cultor et antistes doctorum… virorum e generalmente identificato con Giulio Igino, direttore della Biblioteca Palatina [vd. BIBPAL-LET][5], è un amico che si è incaricato di curare la pubblicazione e la diffusione di tutto il corpus delle opere di Ovidio a Roma mentre il poeta è nel Ponto, quindi sia delle opere precedenti l’esilio (esclusa l’Ars), sia delle opere che scrive dall’esilio. A lui raccomanda in particolare le Metamorfosi di cui indica nuovamente il numero di libri, il titolo e il fatto che sono rimaste prive delle ultime correzioni dell’autore (Ov. trist. 3, 14, 1-32).

Tra le copie della Metamorfosi in circolazione a Roma durante l’esilio di Ovidio, possono quindi essere annoverate la copia che doveva avere a disposizione l’amico (o gli amici) a cui Ovidio affida la pubblicazione del poema e la copia privata del poeta rimasta nella sua casa a Roma. Augusto stesso, inoltre, doveva avere accesso a una copia, che Ovidio esorta il principe a leggere per trovarvi le prove della sua celebrazione della casa imperiale (Ov. trist. 2, 63-64; Ov. trist. 2, 555-562).

Per quanto riguarda la disponibilità delle Metamorfosi nelle biblioteche pubbliche, l’editto del principe imponeva l’esilio del poeta e il banno dalle biblioteche solo dell’Ars[6]: nella descrizione in Trist. 1, 3 del libro dei Tristia che cerca di essere accolto nelle biblioteche pubbliche di Roma, Ovidio dà per scontato che non vi troverà quelli dell’Ars amatoria, che vorrebbe non aver scritto perché hanno portato alla sua condanna (Ov. trist. 3, 1, 65-66 quaerebam fratres [sc. in bibliothecis] exceptis scilicet illis / quod suus optaret non genuisse pater)[7]. Ovidio però immagina che anche le sue opere inviate dal Ponto non sarebbero state ammesse nelle biblioteche (Ov. trist. 3, 1, 59-74; vd. BIBATR-LET; BIBPAL-LET; BIBOCT-LET). Come sostiene Citroni[8], «[s]e ne dovrà ricavare che l’editto comminava l’esclusione dalle biblioteche solo per l’Ars, ma che di fatto i responsabili delle biblioteche estendevano l’esclusione anche alle altre opere di Ovidio, o almeno Ovidio avverte questo rischio e cerca di scongiurarlo». Il fatto che nelle elegie dell’esilio Ovidio rivendichi il diritto delle sue opere – sempre con l’eccezione dell’Ars amatoria – di essere a Roma, per quanto lui ne fosse stato allontanato (vv. 9-12 in Ov. trist. 3, 14, 1-32; vv. 21-24 in Ov. Pont. 1, 1, 1-24; Ov. Pont. 2, 2, 8)[9], implica che non vi erano «misure precise di esclusione, ma una resistenza di fatto ad accogliere le opere del poeta condannato»[10]. Ne consegue, che oltre alle elegie dei Tristia e delle Epistulae ex Ponto, interamente scritte dopo aver lasciato Roma, verosimilmente neppure le Metamorfosi, pubblicate dopo l’esilio del poeta, così come i Fasti, vennero a far parte della collezione delle biblioteche pubbliche di Roma sotto Augusto.

Considerati questi presupposti, il destino editoriale delle Metamorfosi dovette essere analogo a quello delle opere composte in esilio: vennero pubblicate per il tramite degli amici del poeta a cui egli stesso ne affidò le cure della pubblicazione mentre lui non era a Roma. Deve essere stata questa pubblicazione per interposta persona ad assicurare la sopravvivenza delle opere di Ovidio (e quindi della sua “presenza”, almeno intellettuale) nella capitale e a garantirne la diffusione non solo nel gruppo ristretto delle amicizie del poeta, ma anche presso il pubblico generico, costantemente presupposto come destinatario ultimo degli scritti del poeta.

Sebbene non sembra che ebbero accesso alle biblioteche pubbliche, lo ebbero nelle biblioteche private degli amici, oltre che in quella del poeta stesso. Come già osservato, questo è intuibile dalle elegie 1, 7 e 3, 14 dei Tristia (l’amico o gli amici incaricati di curarne la pubblicazione dovevano avere delle copie personali a disposizione) ed è esplicitamente affermato nell’elegia proemiale delle Epistulae ex Ponto[11]: Ovidio invia all’amico Bruto[12] una copia della sua nuova opera e gli chiede di accoglierla nella sua casa, dove occuperanno sullo scaffale il posto lasciato vuoto dai libri dell’Ars amatoria (Ov. Pont. 1, 1, 1-24). Anche in questo componimento viene fatta menzione del timore che i libri non vengano accolti nelle biblioteche pubbliche, mentre viene detto esplicitamente che non è previsto nessun rischio per la loro presenza presso una dimora privata, visto che anche scritti anti-augustei come quelli di Bruto e Marco Antonio continuavano a essere disponibili nelle biblioteche private.

Bibliografia di riferimento: Citroni 1995, pp. 431-474; Pecere 2010, pp. 71-73. Per una lettura di Ov. trist. 1, 1 e trist. 1, 7 cf. Hinds 1985; di Ov. trist. 1, 1 cf. Geyssen 2007; Mordine 2010. Sul ruolo del liber in trist. 3, 1 cf. Newlands 1997.

  1. I libri (sia singoli manoscritti che piccole raccolte librarie) potevano essere custoditi in contenitori rettangolari o cilindrici (come quello di Ovidio) chiamati cista, capsa o scrinium (e deriv.): cf. Houston 2014, pp. 180-183.

  2. Pecere 2010, p. 71. Sulle corrispondenze tra caratteri bibliologici e indicazioni poetologiche nella descrizione del libro in Ov. trist. 1, 1 cf. Williams 1992.

  3. Sullo stato delle Metamorfosi al momento dell’esilio di Ovidio e sulla loro pubblicazione, come anche su quella delle opere dell’esilio, cf. Citroni 1995, pp. 452-454; Pecere 2010, pp. 67-75.

  4. Citroni 1995, p. 471 n. 37.

  5. Timpanaro 1986, p. 45 n. 43; Timpanaro 2001, p. 14. A proposito dell’identificazione del dedicatario dell’elegia con Igino, Citroni 1995, p. 466 n. 12 sostiene che questa «non è che un’attraente e non inverosimile congettura». Una più completa rassegna degli studiosi che si sono espressi a favore o contro questa identificazione in Curtis 2015, p. 437 n. 62; Blum 2018. In generale su Igino vd. Timpanaro 1986, pp. 51-67; 2001, pp. 13-23.

  6. Sulla ricezione dell’Ars in particolare nella poesia dell’esilio di Ovidio e Marziale, e su quanto queste ci dicano della conoscenza e diffusione dell’Ars amatoria a Roma utile Casali 2005, con ulteriore bibliografi; inoltre, Casali 2016.

  7. Cf. Too 2010, pp. 238-241. Una raccolta degli studiosi che si sono espressi a favore dell’esclusione di tutte le opere di Ovidio dalle biblioteche pubbliche e quelli che invece ritengono sia stata esclusa solo l’Ars amatoria in Blum 2017, p. 490 nn. 2 e 3. Per parte sua, Blum ritiene che nessuna delle opere di Ovidio, nemmeno l’Ars amatoria, sia mai stata effettivamente bandita dalle biblioteche: la sua analisi però si basa su una lettura poco convincente dei passi in cui Ovidio stesso descrive il destino delle sue opere a Roma.

  8. Citroni 1995, p. 466 n. 12. Lo segue Pecere 2010, p. 69.

  9. Altri passi ovidiani in cui viene affermato il diritto delle sue opere di restare a Roma in Gaertner 2005, ad Pont. 1, 9, 45-46.

  10. Citroni 1995, p. 466 n. 12.

  11. Cf. Citroni 1995, pp. 456-457; Pecere 2010, p. 72.

  12. Sull’identità (dubbia) di Bruto cf. Gaertner 2005, ad loc.. Su Ov. Pont. 1, 1 cf. Citroni pp. 1995, pp. 456-457.

Bibliografia

Blum, B. (2017), Banned from the Libraries? Ovid’s Books and their Fate in the Exile Poetry, «AJPh» 138, pp. 489-526.

Blum, B. (2018), Cultor et Antistes Doctorum Sancte Virorum: The Addressee of Ovid Tr. 3.14, «Hermes» 146, pp. 324-340.

Casali, S. (2005), Il popolo dotto, il popolo corrotto. Ricezioni dell'Ars (Marziale, Giovenale, la seconda Sulpicia), in Landolfi, L. – Monella, P. (eds.), Arte perennat amor. Riflessioni sull'intertestualità ovidiana. L'Ars Amatoria, Bologna, pp. 13-55.

Casali, S. (2016), Ovidio su sé stesso: autobiografia e carriera poetica in Tristia IV 10 e altrove, «Aevum(ant)» 16, pp. 35-70.

Citroni, M. (1995), Poesia e lettori in Roma antica. Forme della comunicazione letteraria, Roma-Bari.

Curtis, L. (2015), Explaining Exile: The Aetiological Poetics of Ovid, Tristia 3, «TAPhA» 145, pp. 411-444.

Gaertner, J.F. (2005), Ovid. Epistulae ex Ponto. Book I, Oxford-New York.

Geyssen, J. (2007), Ovid’s Addresses to the Book in Tristia 1, 1, «Latomus» 66, pp. 374-383.

Hinds, S. (1985), Booking the Return Trip: Ovid and Tristia 1, «PCPhS» 31, pp. 13-32.

Houston, G.W. (2014), Inside Roman Libraries. Book Collections and their Management in Antiquity, Chapel Hill.

Mordine, M.J. (2010), Sine me, liber, ibis: the Poet, the Book and the Reader in Tristia 1, 1, «CQ» n.s. 60, pp. 524-544.

Newlands, C. (1997), The Role of the Book in Tristia 3, 1, «Ramus» 26, pp. 57-79.

Pecere, O. (2010), Roma antica e il testo. Scritture d’autore e composizione letteraria, Roma-Bari.

Timpanaro, S. (1986), Per la storia della filologia virgiliana antica, Roma.

Timpanaro, S. (2001), Virgilianisti antichi e tradizione indiretta, Firenze.

Too, Y.L. (2010), The Idea of the Library in the Ancient World, Oxford-New York.

Williams, G.D. (1992), Representations of the Book-Roll in Latin Poetry: Ovid, Tr. 1, 1, 3-14 and Related Texts, «Mnemosyne» 45, pp. 178-189.

Fonti

Fonti

Ov. trist. 1, 1, 1-14

Parue (nec inuideo) sine me, liber, ibis in urbem: / ei mihi, quod domino non licet ire tuo! / Vade, sed incultus, qualem decet exulis esse: / infelix habitum temporis huius habe. / Nec te purpureo uelent uaccinia fuco: / non est conueniens luctibus ille color: / nec titulus minio, nec cedro charta notetur, / candida nec nigra cornua fronte geras. / Felices ornent haec instrumenta libellos: / fortunae memorem te decet esse meae. / Nec fragili geminae poliantur pumice frontes, / hirsutus sparsis ut uideare comis. / Neue liturarum pudeat. Qui uiderit illas, / de lacrimis factas sentiat esse meis.

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri1|001

Ov. trist. 1, 1, 105-122

Cum tamen in nostrum fueris penetrale receptus (sc. liber), / contigerisque tuam, scrinia curua, domum: / aspicies illic positos ex ordine fratres, / quos studium cunctos euigilauit idem. / Cetera turba palam titulos ostendet apertos, / et sua detecta nomina fronte geret; / tres procul obscura latitantes parte uidebis: / hi quia, quod nemo nescit, amare docent, / hos tu uel fugias, uel, si satis oris habebis, / Oedipodas facito Telegonosque uoces. / Deque tribus, moneo, si qua est tibi cura parentis, / ne quemquam, quamuis ipse docebit, ames. / Sunt quoque mutatae, ter quinque uolumina, formae, / nuper ab exequiis carmina rapta meis. / His mando dicas, inter mutata referri / fortunae uultum corpora posse meae. / Namque ea dissimilis subito est effecta priori, / flendaque nunc, aliquo tempore laeta fuit.

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri1|001

Testi di confronto

Ov. trist. 1, 7, 11-40

Grata tua est pietas: sed carmina maior imago / sunt mea, quae mando qualiacumque legas, / carmina mutatas hominum dicentia formas, / infelix domini quod fuga rupit opus. / […] Quae quoniam non sunt penitus sublata, sed extant / (Pluribus exemplis scripta fuisse reor), / nunc precor ut uiuant et non ignaua legentem / otia delectent admoneantque mei. / Nec tamen illa legi poterunt patienter ab ullo, / nesciet his summam siquis abesse manum. / Ablatum mediis opus est incudibus illud, / defuit et scriptis ultima lima meis. / et ueniam pro laude peto, laudatus abunde, / non fastiditus si tibi, lector, ero / hos quoque sex uersus, in prima fronte libelli / si praeponendos esse putabis, habe: / "Orba parente suo quicumque uolumina tangis, / His saltem uestra detur in urbe locus. / Quoque magis faueas, haec non sunt edita ab ipso, / sed quasi de domini funere rapta sui. / Quicquid in his igitur uitii rude carmen habebit, / emendaturus, si licuisset, eram."

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri1|007

Ov. trist. 2, 63-64

Inspice maius opus, quod adhuc sine fine tenetur, / in non credendos corpora uersa modos

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri2|001

Ov. trist. 2, 555-562

Dictaque sunt nobis, quamuis manus ultima coeptis / defuit, in facies corpora uersa nouas. / Atque utinam reuoces animum paulisper ab ira, / et uacuo iubeas hinc tibi pauca legi, / pauca, quibus prima surgens ab origine mundi / in tua deduxi tempora, Caesar, opus: / aspicies, quantum dederis mihi pectoris ipse, / quoque fauore animi teque tuosque canam.

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri2|001

Ov. trist. 3, 1, 59-74

Inde tenore pari gradibus sublimia celsis / ducor ad intonsi candida templa dei, / signa peregrinis ubi sunt alterna columnis, / Belides et stricto barbarus ense pater, / quaeque uiri docto ueteres cepere nouique / pectore, lecturis inspicienda patent. / quaerebam fratres, exceptis scilicet illis, / quos suus optaret non genuisse pater. / Quaerentem frustra custos e sedibus illis / praepositus sancto iussit abire loco. / Altera templa peto, uicino iuncta theatro: / haec quoque erant pedibus non adeunda meis. / Nec me, quae doctis patuerunt prima libellis, / atria Libertas tangere passa sua est. / In genus auctoris miseri fortuna redundat, / et patimur nati, quam tulit ipse, fugam.

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri3|001

Ov. trist. 3, 14, 1-32

Cultor et antistes doctorum sancte uirorum,/ quid facis ingenio semper amice meo? / Ecquid, ut incolumem quondam celebrare solebas, / nunc quoque ne uidear totus abesse, caues? / Conficis exceptis ecquid mea carmina solis / artibus, artifici quae nocuere suo? / Immo ita fac, quaeso, uatum studiose nouorum, / quaque potes, retine corpus in urbe meum. / Est fuga dicta mihi, non est fuga dicta libellis, / qui domini poenam non meruere sui. / Saepe per externas profugus pater exulat oras, / urbe tamen natis exulis esse licet. / Palladis exemplo de me sine matre creata / carmina sunt; stirps haec progeniesque mea est. / Hanc tibi commendo, quae quo magis orba parente est, / hoc tibi tutori sarcina maior erit. / Tres mihi sunt nati contagia nostra secuti: / cetera fac curae sit tibi turba palam. / Sunt quoque mutatae, ter quinque uolumina, formae, / carmina de domini funere rapta sui. / Illud opus potuit, si non prius ipse perissem, / certius a summa nomen habere manu: / nunc incorrectum populi peruenit in ora, / in populi quicquam si tamen ore mei est. / Hoc quoque nescioquid nostris appone libellis, / diuerso missum quod tibi ab orbe uenit. / Quod quicumque leget (si quis leget) aestimet ante, / compositum quo sit tempore quoque loco. / aequus erit scriptis, quorum cognouerit esse / exilium tempus barbariamque locum: / Inque tot aduersis carmen mirabitur ullum / ducere me tristi sustinuisse manu.

https://www.mqdq.it/texts/OV|tri3|014

Ov. Pont. 1, 1, 1-24

Naso Tomitanae iam non nouus incola terrae / hoc tibi de Getico litore mittit opus. / Si uacat, hospitio peregrinos, Brute, libellos / excipe dumque aliquo, quolibet abde modo. / Publica non audent intra monimenta uenire, / ne suus hoc illis clauserit auctor iter. / A, quotiens dixi: 'Certe nil turpe docetis, / ite, patet castis uersibus ille locus.' / Non tamen accedunt, sed, ut aspicis ipse, latere / sub lare priuato tutius esse putant. / Quaeris ubi hos possis nullo componere laeso? / Qua steterant Artes, pars uacat illa tibi. […] Quicquid id est, adiunge meis; nihil inpedit ortos / exule seruatis legibus Vrbe frui. / Quod metuas non est: Antoni scripta leguntur / doctus et in promptu scrinia Brutus habet.

https://www.mqdq.it/texts/OV|pon1|001

Ov. Pont. 2, 2, 8

Urbe licet uestra uersibus esse meis.

https://www.mqdq.it/texts/OV|pon2|002

Informazioni sull'autore

Marta Maria Perilli - 0000-0001-6883-7286
Università degli studi di Firenze

Informazioni

Cita come: Marta Maria Perilli, Biblioteca di Ovidio_Scheda Letteraria, anno 2023, DOI 10.35948/DILEF/Dalib/30 contenuto in Valeria Piano, Barbara del Giovane (a cura di), DaLiB. Dal Libro alla biblioteca, DILEF Unifi 2023.

Ricevuto il: 17/08/2023

Pubblicato online il: 28/09/2023

DOI: 10.35948/DILEF/Dalib/30

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